FANO – Chiudere, non chiudere. Sono giorni in cui il tema degli esercizi pubblici diventa una costante del dibattito. L’apertura dalle 6 alle 18 di fatto limita l’attività. Ma è soprattutto il senso di responsabilità degli esercenti che ha portato a scelte.
A Pesaro c’è stato un forte dibattito sul mercato cittadino, annullato in extremis dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci dopo non poche polemiche. Eppure qualche ambulante non è stato avvertito e al san Decenzio è apparsa qualche bancarella. Ma poco dopo la Polizia municipale ha fatto sgomberare l’area. Ma a Fano i ristoratori danno un grande esempio di responsabilità.
“La salute prima di tutto”. Con questo slogan i ristoratori di Fano che si sono riuniti (con le dovute precauzioni) al ristorante “Alla lanterna” vogliono lanciare un forte segnale di coesione e di rispetto delle regole. I 60 titolari di licenze di cibo e bevande si sono dati appuntamento per studiare una strategia per far fronte comune contro il propagarsi dell’epidemia del covid-19.
«Si è giunti alla decisione comune di abbassare tutti le saracinesche fino al 3 aprile, anteponendo così la salute pubblica ai propri interessi economici. Interessi che si moltiplicano in maniera esponenziale considerando che, dietro ognuno di loro, ci sono decine (centinaia) di famiglie che traggono il proprio sostentamento economico da questa attività di ristorazione – dicono -. Quello che lanciano i ristoratori fanesi è un segnale di grande responsabilità, ma anche un forte richiamo ad un impegno del mondo politico e sindacale a non vanificare questo pesante sacrificio, poiché il governo centrale ad oggi non si è assunto la responsabilità di imporre lo stop a queste attività economiche, per non assumersi il rischio di dover erogare dei contributi statali di sostegno. Annullamento di tasse, tributi ed imposte per tutto il periodo di validità del decreto ministeriale, a cominciare da quelle comunali come rifiuti, acqua e suolo pubblico. Questa è la richiesta dei ristoratori fanesi, che fermano le loro attività per non alimentare gli spostamenti delle persone, in considerazione che la sanità pubblica rischia il collasso. Noi stiamo tutti a casa, stateci anche voi».
Se a Fano hanno deciso, a Pesaro si sta andando nella stessa direzione.
Sono sempre di più i negozi , i ristoranti ed i pubblici esercizi che , come ha già fatto qualche albergo, stanno prendendo la decisione di chiudere l’attività per almeno 15 giorni.
«A Pesaro come a Fano e in tutta la Provincia, Confcommercio Pesaro e Urbino e l’Associazione Ristoratori in queste ultime ore hanno consultato i propri associati (attraverso il web, i social e le mail – evitando Assemblee vietate) per capirne l’orientamento – spiega il direttore Confcommercio Amerigo Varotti – E la stragrande maggioranza ha deciso di chiudere. Non ha senso restare aperti per mettere a repentaglio la salute propria e dei collaboratori. Inoltre i costi per tenere aperta giornalmente una qualsiasi attività sono notevolmente superiori alle risicate entrare. È ovviamente una scelta individuale.
La chiusura delle nostre imprese, che più di altri settori sono esposte drammaticamente alla crisi, non fa venire meno l’impegno quotidiano della Confcommercio.
Protestiamo per il mancato riconoscimento dei danni causati al settore della ristorazione, dei pubblici esercizi e dei negozi e quindi la non previsione di aiuti per questi settori gravemente colpiti dalla crisi economica derivanti dall’emergenza coronavirus. E se – come ci risulta – nel decreto di prossima (speriamo) emanazione da parte del Governo, queste attività avranno gli aiuti sperati, il grande merito va al lavoro che a livello locale e nazionale ha svolto la Confcommercio.
Ribadiamo comunque le richieste: sospensione del pagamento di contributi previdenziali e assistenziali e delle tasse; estensione Cassa integrazione in deroga ed estensione del Fondo integrazione salariale; Previsione di una indennità almeno quadrimestrale per i lavoratori autonomi; Sospensione del pagamento delle utenze delle imposte locali (compresa tassa occupazione suolo pubblico); sospensione dei termini dei versamenti alla Camera di Commercio; sospensione delle rate dei mutui, leasing e posticipo di un anno della valuta degli interessi bancari.
Solo in questo modo si può pensare, alla fine di questa emergenza, di ritrovare ancora le imprese, pronte, come sempre, a rimboccarsi le maniche» chiude Varotti.