Sembra non placarsi la polemica innescata in seguito alla storia di Chiara Ferragni su Instagram dove denuncia che Fratelli d’Italia nelle Marche ha reso impossibile abortire e chiama i suoi followers all’azione per far sì che queste cose non accadano se la destra dovesse vincere le elezioni. Storia pubblicata con incredibile puntualità nel giorno in cui Gorgia Meloni inaugurava la campagna elettorale di FDI proprio in Ancona e che ha suscitato reazioni bipartisan del mondo politico marchigiano, della Cigl che invoca il rispetto della Legge 194 e dei collettivi femministi che sabato scorso sono scesi in piazza.
Abbiamo intervistato il dottor Claudio Cicoli, primario di Ginecologia degli Ospedali Riuniti Marche Nord, massimo esperto del settore a cui abbiamo chiesto di fare il punto riguardo questo complesso e delicato argomento.
Dottor Cicoli cosa c’è di vero nelle dichiarazioni della signora Ferragni?
«Le dichiarazioni della signora Ferragni sono giunte come un fulmine a ciel sereno, soprattutto perché non c’era stato nessun motivo per sollevare una polemica di questo tipo nella regione Marche. Non vorrei esser malizioso, ma non vogliamo farci strumentalizzare come categoria in un momento particolare della vita politica italiana. Il servizio dell’interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali marchigiani è una realtà che ha sempre funzionato fin dalla nascita della Legge 194 e nel corso degli anni non c’è mai stata polemica su richieste non soddisfatte».
Nella sua struttura come viene garantito il servizio di interruzione di gravidanza?
«Da sempre mi sono prodigato nel garantire il sevizio nella mia unità operativa di ostetricia e ginecologia, che dirigo dal 2009, con una seduta settimanale e da circa due anni abbiamo iniziato il servizio di interruzione farmacologica che facciamo fino alla settima settimana. Tengo poi a sottolineare che il servizio viene svolto nel pieno spirito della Legge 194 cercando di interpretare e capire, nell’incontro con le pazienti, tutte le motivazioni che hanno condotto a questa scelta con l’obiettivo di sgravare tutte le emotività e i dubbi che questa decisione potrebbe sollevare.
Quali sono i numeri della relazione annuale presentata in Parlamento?
«Riguardo i dati sull’interruzione volontaria di gravidanza nel 2021 ne abbiamo registrate 102 mentre nel 2022 fino ad oggi 104, un evidente incremento dei casi. Nel 2022 le IVG farmacologiche sono state 27 pari a una percentuale del 27,1%. Dai dati Istat confutiamo le dichiarazioni della signora Ferragni in quanto i dati mettono in evidenza che c’è stato addirittura un incremento del numero dei casi nel 2022 rispetto al precedente anno, anche se questo mette in evidenza un fallimento nell’informazione sui metodi preventivi alla pianificazione delle gravidanze attraverso una politica di promozione dei metodi contraccettivi che dovrebbe esser fatta nelle scuole fin dal periodo dell’adolescenza».
Ci sono richieste di interruzione della gravidanza che non sono state evase?
«Non ci sono mai state in Marche Nord richieste di interruzione volontaria di gravidanza che non siano state evase. Può capitare invece che vengano prese in carico richieste di pazienti provenienti da altre regioni che vogliono rimanere in anonimato».
I dati dicono che nelle Marche il 71% dei ginecologi è obiettore, questa percentuale (che tra l’altro a livello nazionale mi pare sia del 70.5%) è la medesima fin dal 2010 molto prima della Giunta Acquaroli. Quanto incide questa scelta sulla reale possibilità di accedere al servizio abortivo?
«Il numero dei medici non obiettori è stato sempre sufficiente per poter garantire il servizio. In particolare in Marche Nord non ci sono stati mai problemi di organizzazione di questo servizio e mai nessuna paziente è dovuta rivolgersi in altre sedi per poter espletare la richiesta di interruzione».
Tra i commenti sui social in molti puntano il dito sulla mancata distribuzione della pillola abortiva RU486 nei consultori e della decisione della Giunta Acquaroli di ridurre a 7 settimane il range temporale quando nelle direttive nazionali del Ministero della Salute si parla di 9 settimane, qual è il suo punto di vista?
«Per quanto riguarda la decisione di eseguire l’interruzione farmacologica di gravidanza fino alla settima settimana e non fino alla nona, non è dovuto alla decisione della Regione Marche ma alle linee guida che regolamentano l’interruzione farmacologica di gravidanza. Vi spiego meglio: l’interruzione volontaria di gravidanza fino alla settima settimana può essere eseguita tecnicamente con due farmaci, uno è RU 486, che è il farmaco che interrompe la gravidanza, e dopo quattro giorni viene somministrato Misoprostolo che provoca l’espulsione del prodotto abortivo. Dalla settima settimana alla nona, secondo le linee guida, per espellere il materiale abortivo non può essere più utilizzato il Misoprostolo ma il Gemeprost, che è la prostaglandina E1 che da circa due anni non è più reperibile in Italia. In altre regioni i medici sono stati autorizzati ad utilizzare il Misoprostolo dopo la settima settimana, ma io penso che la decisione di cambiare le linee guida non stia alle Regioni per decidere se somministrare un altro farmaco, ma sta all’Aifa e ai comitati scientifici reperire il farmaco introvabile o autorizzare ai medici l’utilizzo del Misoprostolo fino alla nona settimana».
Ci sono margini per migliorare il servizio nelle Marche ed eventualmente attraverso quali interventi secondo lei?
«I miglioramenti come in tutti gli ambiti si possono sempre fare, ma vi posso garantire che in tutti questi anni ci siamo sempre prodigati dal punto di vista organizzativo per creare un clima ideale per affrontare queste decisioni importanti in particolari momenti di vita della donna cercando di sgravare al massimo tutte le emotività e le paure che possono emergere in certe situazioni».