ANCONA – «La precisazione della Regione Marche, sul parere del Comitato Etico, conferma la gravità della trappola burocratica che è stata tesa contro Mario da 14 mesi. La Regione forse dimentica che, su questo, lo scorso 9 giugno, i giudici del Tribunale di Ancona si sono già espressi, con un’ordinanza immediatamente applicativa, passata in giudicato e definitiva». È la replica del segretario e del tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni alle precisazioni della Regione Marche sul caso di Mario, il nome di fantasia del 43enne tetraplegico marchigiano, rimasto immobilizzato in conseguenza ad un incidente stradale avvenuto più di 10 anni fa.
Ieri – 23 novembre – l’Associazione Coscioni aveva diffuso la notizia del parere del Comitato Etico di Asur Marche alla richiesta di accesso al suicidio medicalmente assistito da parte di Mario: un riposta, storica, con il Comitato Etico che ha riconosciuto la sussistenza dei requisiti previsti dalla Corte Costituzionale nell’ambito della sentenza Cappato – Dj Fabo. Quello di Mario è il primo caso in Italia di un malato a poter accedere all’eutanasia nel nostro Paese.
Ma se la Regione con una nota stampa ieri aveva voluto sottolineare che il parere del Comitato dell’Azienda Sanitaria unica regionale non rappresenta un via libera, in quanto la decisione «spetta al Tribunale», l’Associazione Coscioni ricorda che il Tribunale dorico sia era già espresso sulla questione ordinando «alla Azienda unica sanitaria regionale delle Marche di eseguire tutte le verifiche necessarie a stabilire che Mario fosse in possesso delle 4 condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale».
«Il Comitato Etico lo ha fatto – prosegue l’Associazione Coscioni -, ha accertato che Mario rientra dunque nelle condizioni stabilite dalla Consulta per ottenere l’aiuto al suicidio, ma non ha validato le modalità tecniche per l’autosomministrazione del farmaco. Ciò che la Regione non dice – prosegue la nota – , nella sua precisazione, è che la responsabilità di definire delle procedure tecniche non è del malato, ovviamente, ma del Servizio sanitario, che però si rifiuta di farlo. Se necessario e se i tempi dovessero dilatarsi ancora, siamo pronti, ancora una volta, ad azionare tutti gli strumenti necessari per far rispettare il diritto di Mario a porre fine alle proprie sofferenze».