PESARO – È purtroppo il Covid 19, con tutte le sue conseguenze, a caratterizzare le denunce di infortunio sul lavoro al femminile. Un dato che anche nelle Marche e nella Provincia di Pesaro e Urbino è in linea con il trend nazionale.
Secondo rilevazioni Inail su elaborazione dell’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL) di Pesaro e Urbino, i mesi più difficili per gli infortuni sul lavoro da Covid19 sono stati marzo, novembre e dicembre, in corrispondenza delle ondate pandemiche. Nel 2020, a livello regionale, le denunce di infortunio sono state 15.714 (-17,3% rispetto al 2019), 3.896 delle quali (-14,6% sul 2019) nella sola provincia pesarese. Nelle Marche le denunce di infortunio conseguenti al virus sono state 2.821, con un’incidenza del 70,6% (1.992 casi) sulle donne e il restante sugli uomini. Maggiormente colpito (46% dei casi) il comparto degli operatori sanitari.
Complice anche il calo occupazionale, tra il 2019 e il 2020, nelle Marche, sono diminuite del 19,5% le denunce di malattie professionali, passate da 6.077 nel 2019 a 4.895 nel 2020 e, in misura minore (-12%) nella provincia pesarese, dove le denunce sono passate dalle 1.588 del 2019 alle 1.398 del 2020.
Ma è il dato “in rosa” a destare preoccupazione: secondo le rilevazioni della sede Inail di Pesaro e Urbino, nel 2020 poco meno di un terzo delle denunce di infortunio sono state al femminile (1.168 casi e già 104 nel gennaio 2021). Proporzione praticamente identica per il dato sulle malattie professionali che hanno interessato donne (419 nel 2020 e 38 nel gennaio 2021).
«A completare un quadro già drammaticamente pesante sono poi gli infortuni mortali che, nel 2020, nelle Marche, sono stati 46 (13 in più rispetto al 2019), 10 dei quali nella nostra provincia, 6 in più rispetto all’anno precedente. Dati che fanno riflettere – commenta Fausto Luzi, Presidente ANMIL Pesaro e Urbino e componente del Comitato esecutivo dell’associazione a Roma –. È trascorso esattamente un anno da quando l’Italia è piombata nella morsa del Covid ed è drammatico notare quale prezzo abbiano pagato i lavoratori. La ricorrenza dell’8 marzo è un momento per sottolineare – e purtroppo in tanti casi anche commemorare – l’impegno e il sacrificio di tante lavoratrici che, nel pieno di questa terribile pandemia, non si sono risparmiate».