ANCONA – I costi in aumento rischiano di erodere i margini delle imprese artigiane del settore legno-arredo, alle prese anche con le difficoltà legate al reperimento del personale. «Negli ultimi 2-3 anni, il prezzo del legno ha subito rincari periodici – dichiara Marco Pierpaoli segretario Confartigianato imprese Ancona Pesaro e Urbino -. Fino ad oggi, gli imprenditori sono riusciti ad assorbire questi aumenti senza farli pesare sul cliente finale. Fino a poco tempo fa i costi sono aumentati del 10-15%, influenzati principalmente dal Superbonus 110%, ma la tendenza all’aumento non si è arrestata. Essenze come cedro e rovere sono ormai fuori mercato a causa dei prezzi elevati».
Questi aumenti, prosegue Pierpaoli, «riguardano non solo il legno massello, ma anche i prodotti derivati come multistrato, laminati e pannelli. Di conseguenza, alcune imprese sono ora costrette ad alzare il costo del prodotto finito per evitare perdite». L’aumento del costo della materia prima «associato alla difficoltà delle aziende a tirare avanti in questo settore – spiega Massimiliano Santini, direttore Cna Ancona -, probabilmente porterà ad un ulteriore contrazione della produzione nel legno-arredo, che spazia dalle costruzioni alla nautica».


Nella sola provincia di Ancona «negli ultimi 15 anni le imprese di produzione legno e arredo sono passate da circa 500 a 338 e le previsioni in prospettiva 2030 e 2050 parlano di un tracollo, fino a scendere sotto le 100 unità» dice Santini. Un quadro a tinte fosche legato non solo ai dazi Usa, ma anche «alla significativa contrazione del tessuto imprenditoriale, al mercato internazionale asfittico e alla difficoltà di trovare personale».
L’aumento del costo del legno «obbliga le imprese di produzione a essere più creative e strategiche per mantenere la competitività, ridurre i costi e rispondere alle esigenze di mercato, adottando tecnologie più efficienti, diversificando i materiali e pianificando meglio gli approvvigionamenti, ma di fatto dati i margini ristretti si fa fatica a rimanere competitivi nel mercato globale».
Per quanto riguarda il nodo personale mancano «operai specializzati in grado di gestire le lavorazioni con macchine a controllo numerico, ma anche addetti al magazzino, quadri intermedi che possono intravedere percorsi di sviluppo con l’utilizzo di materiali nuovi, basta pensare a tutto il percorso del riciclo». Gli Istituti Tecnici Superiori in parte possono essere utili formando personale specialistico che possa incrociare la domanda che arriva dalle imprese manifatturiere, ma serve anche «rintracciare figure disponibili ad occuparsi di attività nei processi produttivi, con un ruolo di responsabilità non solo di alto profilo – conclude Santini -, come spesso si propone».