PESARO – Sostegno ai baristi, ristoratori e gestori di locali. La consigliera regionale Pd Micaela Vitri incalza con una interrogazione.
«Questa volta non sarà l’aula a votare, come lo scorso 29 dicembre in cui la richiesta venne bocciata dai consiglieri di destra, ma spetterà all’assessore Carloni dire chiaramente quali sono le intenzioni della Regione. È vero – chiede la Vitri – come dichiarato dal presidente Acquaroli, che saranno stanziate adeguate risorse per le partite iva? E soprattutto quando? Tra tre mesi, nel prossimo assestamento di bilancio, per molte attività potrebbe essere troppo tardi.
In questi mesi i gestori di bar, ristoranti, palestre e attività dei centri commerciali, hanno rispettato le norme facendo enormi sacrifici per tutelare la salute di tutti noi, invece che i propri interessi economici. A differenza delle proteste eclatanti di pochi, in silenzio hanno mostrato pazienza e senso di responsabilità. Ora però spetta anche alla Regione, non solo allo Stato, dare sostegno a tutte le attività più colpite dalle restrizioni. Due recenti leggi regionali (la n.13 e la n. 20 del 2020) prevedono “misure straordinarie ed urgenti connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19 per la ripartenza delle Marche” attraverso l’istituzione dei fondi regionali per l’emergenza».
Vitri sottolinea che «vista la tragedia sanitaria e economica che stiamo vivendo, lo scaricabarile nei confronti del Governo risulta fuori luogo. Ogni istituzione deve assolutamente fare la propria parte, come già avvenuto in diverse Regioni, a prescindere dal colore politico.
Nelle Marche, in particolare a Vallefoglia, ci sono centinaia di esercizi che pur essendo del tutto identici ai negozi di ogni piazza o centro storico con ingresso indipendente all’aperto, sono imprigionati dalla licenza amministrativa di “centri commerciali”. Dal tre novembre sono costretti a rimanere chiusi festivi e prefestivi per le restrizioni previste dal Dpcm. Le restrizioni sono purtroppo doverose, ma la legge deve essere uguale per tutti e serve un po’ di buon senso. Non è più accettabile che la sopravvivenza di attività identiche sia decisa da un foglio di carta, una pura distinzione burocratica che non ha nulla a che vedere con le misure di prevenzione».