PESARO – Fenomeno delle culle vuote, calano le nascite in provincia di Pesaro.
Disoccupazione, lavoro precario e pochi servizi portano l’inverno demografico marchigiano a essere più “rigido” della media italiana. È quanto afferma il Centro Studi della Uil Marche nell’analizzare i dati del “Rapporto sull’evento nascita in Italia” del Ministero della Salute.
La provincia di Pesaro-Urbino passa da 2182 a 2122 con un calo di 60 nati nel 2022.
Nel 2022, nelle Marche le nascite sono state 8.779 (443 in meno rispetto al 2021), con un calo (4,8% su base annua) molto più sostenuto della media italiana, che si attesta sul -1,9%, con 392.598 nascite, 7.651 in meno rispetto al 2021. Tutte le province vedono un significativo calo della natalità nel 2022: Ancona passa da 2834 a 2640 nati con 194 nati in meno, Macerata passa da 2007 a 1849 con 158 nati in meno; situazione meno critica per Ascoli Piceno, che passa da 1202 a 1189 nati e Fermo da 997 a 979. Nelle Marche l’indice di fecondità è molto basso (1,16%), con una media di 1,16 figli per donna. Ma chi sono le mamme marchigiane? Circa il 65,16% sono italiane mentre il 30% sono straniere (per la maggior parte africane, 6,03%, o asiatiche, 4,85%). Aumenta l’età media delle madri al primo figlio, che nelle Marche nel 2022 è di 32,1 anni per le italiane mentre scende a 29 anni per le cittadine straniere. Le donne che decidono di avere un figlio hanno una scolarità medio alta: delle donne che hanno partorito nell’anno 2022 il 42,5% ha una scolarità medio alta, il 22,7% medio bassa ed il 34,8% ha conseguito la laurea. L’analisi della condizione professionale evidenzia che il 58,6% delle madri ha un’occupazione lavorativa, il 24,7% sono casalinghe ed il 14,5% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2022 è per il 50,4% quella di casalinga.
«A nostro avviso – spiega Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – c’è un problema di fondo legato all’assenza di servizi per la genitorialità, gli alti costi di quelli dedicati all’infanzia, spesso inaccessibili e, nelle Marche, tra i più alti d’Italia. In più l’estrema precarizzazione del lavoro resta il primo degli ostacoli perché impedisce di programmare il proprio futuro».