Pesaro

Capolavori di Palazzo Ducale di Urbino in mostra a Roma, l’arte salvata dalla guerra

Arte liberata alle Scuderie del Quirinale fino al 10 aprile, in occasione dell’esposizione curata dal Direttore Luigi Gallo e da Raffaella Morselli

La Madonna di Senigallia di Piero Della Francesca

PESARO URBINO – Capolavori verso Roma, Urbino e Pesaro fanno la loro parte. Nella sede espositiva delle Scuderie del Quirinale, fino al 10 aprile si può vedere un’importante mostra dedicata al salvataggio del patrimonio culturale messo in atto durante il secondo conflitto mondiale.

Arte liberata. Capolavori salvati dalla guerra. 1937-1947, questo il titolo della mostra, è curata dal Direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Luigi Gallo, e da Raffaella Morselli; proprio in funzione dell’idea di esposizione, infatti, un nucleo importante di opere della Galleria Nazionale e del territorio lasceranno le Marche per essere esposte nella prestigiosa sede delle Scuderie del Quirinale; inoltre sarà dato risalto alla figura di Pasquale Rotondi, al tempo Soprintendente delle Marche e Direttore della Galleria Nazionale con sede nel Palazzo Ducale di Urbino, che fu tra i protagonisti di quel difficile momento.

«È importante – dice Luigi Gallo – che le storie dei protagonisti del salvataggio del nostro patrimonio arrivino chiare al pubblico, rinnovando l’eccezionale valore del lavoro svolto da una compagine di persone che credeva nel valore etico dell’arte, perché senza passato saremmo stati senza futuro».

La Vergine di Barocci

Per rendere conto dell’operato del Soprintendente è sufficiente osservare lo sguardo diafano del Salvator Mundi di Bartolomeo della Gatta, opera ritrovata nel 1915 da Lionello Venturi, primo direttore della Galleria Nazionale di Urbino, nei depositi del Palazzo Ducale. Riconoscendo il valore artistico del dipinto, sia pure frammentario, Rotondi lo mette al sicuro insieme ai capolavori di Piero della Francesca.

Ed è la ieratica Madonna di Senigallia, con la sua fragile essenza fisica cui si contrappone l’ineguagliabile potenza artistica, a cristallizzare la storia eroica della tutela del patrimonio culturale italiano; il suo prestito eccezionale vuole rendere omaggio al grande Direttore del museo, ricordandolo per la lucidità delle sue scelte, la compostezza del suo comportamento, lo spessore della sua cultura.

Citiamo poi la trecentesca Madonna in trono del riminese Giovanni Baronzio, che sarà la prima opera a tornare al museo dopo la guerra, e il sublime Gonfalone del Santo Spirito, realizzato da Luca Signorelli nel 1494.

Ricordiamo anche il vessillo bizantino con l’imperatore Paleologo in adorazione dell’arcangelo Michele, proveniente dall’abbazia di Fonte Avellana di cui era abate il Bessarione: un manufatto rarissimo che l’implacabile occhio critico di Rotondi sceglie fra i primi capolavori da mettere in salvo.

Restano a Urbino le opere di Giovanni Santi, dietro alle quali, dal 1943, sono nascoste le tele di Caravaggio provenienti da Roma, e i capolavori di Federico Barocci, del quale – in mostra – avremo la radiosa Immacolata Concezione e il bozzetto del Perdono di Assisi. La critica riconoscerà più tardi il ruolo centrale del maestro urbinate, la cui opera si fa cerniera per la rivoluzione naturalista della pittura secentesca; a Barocci il museo di Urbino dedicherà una grande retrospettiva nel 2024.

Nelle stanze della Rocca di Sassocorvaro, Rotondi mette in protezione opere di Crivelli, Lotto, Guercino, Bellini e altri capolavori dei musei civici marchigiani di Ancona, Ascoli, Fabriano, Jesi e Pesaro, alcuni dei quali generosamente prestati in mostra perché nella regione resta viva la memoria dell’intrepido Soprintendente.

Palazzo Ducale durante la Guerra

Questo è il portato della mostra per la cui realizzazione la Galleria Nazionale delle Marche ha generosamente collaborato con prestiti prestigiosi: «L’esperienza della tutela in tempo di guerra – scrive Luigi Gallo nel catalogo della mostra romana – resta un monito sui rischi che corre il patrimonio culturale, messo in salvo dagli interpreti di una vera e propria epopea: le loro gesta costituiscono un esempio imprescindibile di civismo, testimoniando l’urgenza e l’efficacia dell’azione di un’intera generazione di funzionari dello Stato che permise di salvare l’immenso patrimonio culturale italiano, offrendolo alla contemporaneità».