Pesaro

Carcere di Pesaro: detenuto ingerisce detersivo, altri picchiano e minacciano gli agenti

Giornate di tensione le ultime trascorse. A denunciare il fatto il Sappe, sindacato di polizia penitenziaria. «Andrebbe prevista una sezione chiusa per evitare violenze»

PESARO – Calci e pugni ad un agente della polizia penitenziaria in carcere a Pesaro. E un altro detenuto tenta il suicidio, salvato per miracolo.

«Sono state giornata ad alta tensione le ultime trascorse nel carcere di Pesaro», riferisce Nicandro Silvestri, segretario regionale per le Marche del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe.

«In due giorni è successo di tutto. Prima un detenuto nordafricano, ristretto a Pesaro per gravi fatti accaduti in altre carceri dell’Emilia e con problemi psichiatrici, pretendeva di uscire con rapidità dal cortile dei passeggi nonostante il poliziotto penitenziario addetto era impegnato con altri detenuti. Non appena ha aperto la porta per farlo uscire, l’Agente è stato colpito con calci, pugni e spintoni fino a finire a terra ed a battere la testa.

Poi è stata la volta di un giovanissimo detenuto italiano, già allontanato in passato dalla Casa Circondariale di Pesaro per motivi di ordine e sicurezza con trascorsi disciplinari e penali, che non voleva attendere l’iter per la concessione di un paio di scarpe ricevute a colloquio, che dovevano essere controllate. Il detenuto ha prima scardinato le tubature della cella dove procurandosi poi delle lesioni da taglio, turbando così l’ordine e la sicurezza di Pesaro».

Ma non è tutto, prosegue il sindacalista del Sappe: «Altri due detenuti stranieri, un tunisino ed un albanese, hanno distrutto il calcetto ad uso di tutti i detenuto ed hanno poi minacciato gli Agenti con le gambe di legno, venendo comunque bloccati. Ed infine registriamo il tentato suicidio di un giovanissimo detenuto romeno, che è stato trasportato in Ospedale dopo avere ingerito del detersivo. Al rientro in carcere, solo grazie all’acume degli Agenti di Polizia Penitenziaria, con il contributo sinergico di tutti gli operatori penitenziari (psicologa, educatrice e poi direttore), sono riusciti ad evitare il peggio. Un plauso al lavoro svolto sempre con abnegazione e professionalità dal personale in servizio nel carcere di Pesaro per il quale si auspica un riconoscimento formale da parte dell’Amministrazione penitenziaria».

Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri, «i gravi episodi avvenuti nel carcere di Pesaro, che non hanno avuto un tragico epilogo grazie all’attenzione ed alla prontezza del personale di Polizia penitenziaria, riporta drammaticamente d’attualità la grave situazione penitenziaria, specie nel carcere di Pesaro dove dovrebbe essere prevista una Sezione detentiva ‘chiusa’ per i detenuti che turbano l’ordine e la sicurezza con atti di violenti e aggressivi».

Capece ricorda che proprio pochi giorni fa «il Sappe ed altri Sindacati della Polizia Penitenziaria hanno dichiarato lo stato di agitazione e la sospensione delle relazioni sindacali con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per l’assenza di provvedimenti che contrastino le continue violenze in carcere e le aggressioni alle donne e agli uomini in divisa. Riteniamo che la grave situazione in cui versano le carceri italiane imponga un’inversione di marcia da parte del vertice politico e amministrativo del Ministero della Giustizia e più in generale del governo. Il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria poco e nulla hanno fatto per porre soluzione alle troppe problematiche che caratterizzano la quotidianità professionale dei poliziotti penitenziari: ma non si può continuare a tergiversare! Non si perde altro prezioso tempo nel non mettere in atto immediate strategie di contrasto del disagio che vivono gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria è irresponsabile. E per questo scenderemo presto in piazza per denunciare lo stato di abbandono in cui ci troviamo! Rinnovo il mio appello al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede».