PESARO – Riservare un alloggio sicuro alle donne vittime di violenza per allontanarle dal contesto dei maltrattamenti e dalla paura di sporgere denuncia. Era questo l’obiettivo di uno dei principali emendamenti presentato dalla consigliera regionale Micaela Vitri, alla proposta di legge della maggioranza sul sistema regionale delle politiche abitative.
«Una riforma che dimentica e stravolge la funzione sociale dell’edilizia residenziale pubblica, nata per tutelare il diritto primario alla casa di chi si trova in condizioni di effettivo bisogno» sostiene la consigliera regionale Vitri. L’emendamento, di cui era prima firmataria, proponeva di sostituire Forze dell’ordine e Vigili del Fuoco, tra le categorie beneficiarie di alloggi riservati secondo le nuove norme, con le donne vittime dei reati riconosciuti dalla legge del 2013 per il contrasto alla violenza di genere. «Pur riconoscendo l’intento lodevole di premiare il lavoro di chi garantisce l’ordine e la sicurezza – precisa la consigliera – ci sembra opportuno che ciò avvenga con altri strumenti, evitando corsie preferenziali. Consentire una riserva a queste categorie, riconoscendole come quelle economicamente vulnerabili, significa creare un privilegio contro ogni principio di tutela dei cittadini più fragili».
«Al contrario, destinare case popolari alle vittime di violenza di genere – ribadisce – è una scelta in linea con il principio dell’edilizia pubblica, già fatta da altre Regioni, come ad esempio il Lazio, dove da 21 anni nella riserva del 25% ci sono anche le donne vittime di maltrattamenti fin da inizio procedimento giudiziario, con un ulteriore rafforzamento deliberato poco più di un anno fa, dopo l’emergenza Covid, per le vittime e i loro figli in condizioni di particolare disagio economico».
Nelle Marche le cinque case rifugio, una per provincia, offrono 61 posti letto, ai quali si aggiungono quelli delle due case di emergenza, a disposizione però solo per soggiorni temporanei. «Le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza nel 2019 sono state 471, un numero altissimo a fronte dei posti disponibili. La rete dei luoghi per la tutela e la protezione deve essere potenziata, perché spesso le donne non denunciano proprio per timore di non sapere dove andare a vivere, in molti casi non sono economicamente indipendenti e anche quando è l’uomo a lasciare l’abitazione, non sempre hanno la possibilità di sostenere il canone di affitto. È grazie al nostro emendamento – conclude – se la maggioranza ha alla fine recepito questa esigenza, decidendo di aggiungere un’ulteriore riserva, così come riconosciuto dal presidente della Terza commissione Andrea Maria Antonini. Sebbene la nostra proposta sia stata bocciata, abbiamo raggiunto l’obiettivo di migliorare una legge che rappresenta, nel complesso, un passo indietro in tema di diritti».