PESARO – Il Consiglio regionale ha recentemente approvato la legge che riforma i criteri di assegnazione degli alloggi popolari nella regione Marche, riservando una quota fino al 33% alle famiglie monoparentali, alle persone vittime di violenza domestica, alle famiglie under 35, alle forze di polizia e ai vigili del fuoco.
Roberto Rossini, segretario Cgil, Pierpaolo Frega, segretario Silp, Gabriele Belfatto, segretario Sunia esprimono dubbi.
«Oltre a rivedere i requisiti di accesso per i cittadini extracomunitari con residenza fiscale fuori dall’Italia, si introduce un obbligo di certificazione reddituale che sostituisce l’autocertificazione che di fatto renderà impossibile per la grande maggioranza di questi fare richiesta (considerata la condizione radicalmente diversa della normativa della maggior parte dei paesi extraeuropei).
Sarebbe auspicabile analizzare nel merito i possibili e molto probabili effetti che tale norma avrà nell’assegnazione degli alloggi con le evidenti storture che provocherà e sappiamo già che il problema verrà etichettato come la solita battaglia tra destra e sinistra e sulla stucchevole e offensiva accusa di non avere a cuore i lavoratori delle forze di polizia e i vigili del fuoco. Siamo consapevoli che la politica residenziale e abitativa oggi sia un problema trasversale. Colpisce tutti indistintamente, anche i lavoratori del comparto sicurezza.
Pensiamo a un genitore separato che deve lasciare l’immobile, in affitto o di proprietà, su cui grava un mutuo, provvedere al mantenimento dei figli e avere la possibilità di una continuità genitoriale: è auspicabile mandarlo a dormire in una caserma o in un alloggio collettivo di servizio? Quindi ben venga la proposta di far concorrere le Forze di polizia ad una abitazione popolare, ma nel contempo è possibile muovere una critica nel caso in cui una coppia giovane, senza figli, magari entrambi lavoratori, possa scavalcare in base alla sola appartenenza alle Forze di polizia una famiglia monoreddito magari con disabilità presenti? No, noi non ce la sentiamo di avallare tale scelta. E’ un problema di equità sociale.
Crediamo che questa nuova legge avrà effetti distorsivi e iniqui e rischierà di far apparire agli occhi dei cittadini gli appartenenti alle forze di polizia come soggetti privilegiati, anziché lavoratori da tutelare perché soggetti esposti a un disagio particolare.
Sarebbe auspicabile infatti che il Consiglio regionale riveda i criteri adottati, a partire da un’analisi dei bisogni reali, che rispondano all’applicazione di quei principi di equità e giustizia sociale che tutti vorremmo veder rispettati».