PESARO – Scongiurare le chiusure, che rischierebbero di far saltare tantissime imprese. È partita da giorni la campagna nazionale di Confcommercio e Fipe contro la chiusura anticipata dei Pubblici Esercizi alle ore 22 o 23.
Anche dalla provincia di Pesaro una levata di scudi. «Non è questa la soluzione né la condizione per la ripresa economica, dopo il dietrofront di Palazzo Chigi, vigileremo che tale scelta sia ufficiale – esordisce Agnese Trufelli, vice direttore Confcommercio Marche Nord –. I nostri pubblici esercizi per poter operare in sicurezza e infondere nuova fiducia dopo il periodo di lockdown si sono attrezzati con tutti i dispositivi di sicurezza sia per se stessi che per tutti i dipendenti. Hanno dovuto fungere da controllori per tutti coloro che rifiutavano di indossare la mascherina per accedere al locale (nonostante fosse obbligatoria per legge), distanziare tutti i tavoli con la diminuzione (a volte anche del 50%) della capienza e quindi guadagno, hanno dovuto investire per garantire che tutti i protocolli di sicurezza imposti fossero rispettati, senza peraltro la certezza che tale investimento venisse ripagato – prosegue Trufelli –. Le attività devono restare aperte e va preteso che siano in regola con le disposizioni e protocolli sulla sicurezza (distanziamento, prenotazione obbligatoria, mascherina per l’accesso e spazi comuni, igienizzazione) e laddove queste norme non vengano rispettate punire chi vuole “fare il furbo”, con adeguati controlli, non con la chiusura preventiva e/o coprifuoco. Il mondo della ristorazione e dei pubblici esercizi in genere è un mondo fatto di enormi sacrifici, di orari estenuanti, di non ferie o festività, ma sono coloro che garantiscono il benessere della persona e la tenuta sociale dei nostri splendidi borghi e paesi».
Posizione condivisa anche da Marco Arzeni, segretario Fipe-Confcommercio Pesaro e Urbino/Marche Nord: «Se – come ci dice una recente indagine di Format Research – sono gli stessi clienti a confermare che bar e ristoranti sono considerati luoghi sicuri, ci sembra del tutto inverosimile la ventilata proposta di chiudere i nostri locali alle 22 o alle 23. Un seppur limitato anticipo dell’orario di chiusura spingerebbe invece la nostra clientela a reputare gli esercizi del Fuori Casa “non protetti”, cosa questa che respingiamo in modo forte e deciso. Bisogna semmai aumentare i controlli, punire gli indisciplinati e chi non rispetta le norme e consentire a tutti gli altri di svolgere serenamente il proprio lavoro».
Infine il sirettore Confcommercio Amerigo Varotti conclude: «Anticipare – come si era ipotizzato – la chiusura di ristoranti e pubblici esercizi è un errore e una iattura da evitare se non si vuole la morte di migliaia di imprese con pesanti ricadute sui livelli occupazionali. Il problema non sono i ristoranti, che nella stragrande maggioranza dei casi (almeno quelli di Confcommercio) sono impegnati quotidianamente a fare rispettare i protocolli (mascherine, distanziamenti, riduzione dei posti, gel) e che per questo, nonostante la ripartenza, sono stati costretti a rinunciare a ricavi e fatturati. Vanno intensificati i controlli nei luoghi pubblici in occasione di eventi, assembramenti fuori dalle scuole, nei luoghi della movida, nelle feste private, nei circoli, negli eventi pubblici. Ma i ristoranti non c’entrano nulla con l’aumento dei contagi».