«La quarantena mi mancherà!». A poche ore di distanza dalla fine della cosiddetta Fase 1, che coinciderà con la fine della quarantena come l’abbiamo conosciuta nelle ultime settimane, sono sempre di più coloro che, magari a bassa voce, o solo nelle confidenze di qualche chat privata, ammettono che «Questa quarantena non va poi così male» , o «Pensavo che l’avrei presa peggio» , o ancora «Mi sto abituando alla situazione». Insomma, sembrerebbe che in diversi rimpiangeranno questo periodo. Cosa sta scattando nella mente di alcuni di noi? Lo abbiamo chiesto allo psicologo e psicoterapeuta Dott.Luca Paggi, laureato all’Università di Urbino e specializzato in psicoanalitica e psicodramma e docente in materie psicosociali.
E’ possibile che qualcuno si sia abituato a questa situazione di confinamento sociale?
«Inizialmente la quarantena ci ha imposto uno stile di vita diverso: siamo stati costretti a rivedere completamente il modo di passare le giornate, ognuno secondo i suoi mezzi e le sue risorse a livello psichico, ma ognuno anche in modo diverso. L’unica cosa inconfutabile che ci ha veramente accomunati tutti è l’essere stati messi di fronte ad un cambiamento. Il cambiamento è in generale un fenomeno a cui l’essere umano adulto di solito risponde in maniera negativa. Semplificando potremmo dire che cambiare non solo non ci piace, ma che ne faremmo volentieri a meno il più delle volte. Ci sono molte ricerche che confermano che alti livelli di stress e nervosismo, fino a vere e proprie sintomatologie di tipo ansioso o depressivo, sono legati a cambiamenti più o meno importanti che la vita ci mette davanti. Addirittura in Italia sono nati dei gruppi di auto mutuo aiuto dedicati proprio a far affrontare al meglio a chi li frequenta, i grandi cambiamenti della vita come la nascita di un figlio o un lavoro diverso. L’adulto ha perso il lato buono della novità rappresentato dalla sorpresa, dalla gioia, dalla curiosità, tutte caratteristiche che invece possiamo notare nei bambini che fortunatamente hanno ancora quella flessibilità mentale che permette loro di essere sempre pronti a qualcosa di diverso. L’adulto invece è poco incline ai cambiamenti, il covid ha solo puntato il riflettore su qualcosa che già era radicato nelle nostre vite. Siamo stati di fronte ad uno sconvolgimento delle nostre abitudini all’inizio della quarantena e questo ci ha scosso e spaventato, soprattutto perché non è dipeso dalla nostra volontà, è stata un’azione imposta e coercitiva, e ci siamo lentamente appropriati di nuovi ritmi di vita. Adesso la situazione ci permette di ritornare alla nostra vecchia routine, ma proprio perché è vecchia ormai non fa più parte del nostro quotidiano, perciò dobbiamo affrontare di nuovo un cambiamento radicale, per giunta a poco tempo di distanza da un altro, e questo di nuovo ci spaventa come tutte le novità, ecco perché molte persone stanno esprimendo le loro perplessità, non tanto perché la loro attuale vita sia meglio o peggio della precedente o di quella che verrà, ma solo perché non si trovano pronte ad affrontare di nuovo un cambiamento e tutti i processi che questo fenomeno comprende».
Cosa conservare con noi di questa esperienza che ci prepariamo a lasciare alle spalle?
«Per rispondere bisognerebbe appellarsi al concetto che tutte le persone sono diverse fra loro, anche se messe nella stessa situazione, ognuna di loro ha risposto in modo diverso, secondo le sue risorse e la sua capacità di affrontare problemi. Quindi la questione è che cosa porterà ognuno di noi? Il confinamento sociale ci ha costretti a fare a meno dell’Altro, escluso l’Altro familiare naturalmente. La nostra energia psichica che prima era rivolta verso la relazione oggettuale con l’Altro ha in questo periodo ripreso la via narcisistica, reinvestendo su noi stessi. Così abbiamo scoperto nuove attività, nuovi modi di passare il tempo in base ai nostri interessi e alle nostre volontà, o riscoperto cose che non facevamo più da tempo. Ma il tempo è un concetto che non esiste nel nostro inconscio, quindi è come se non fosse mai passato. Quali di questi investimenti narcisistici ci porteremo? Quelli che ci hanno fatto provare più godimento, nel senso ampio del termine, e che quindi non abbiamo fatto fatica ad introiettare, facendoli diventare parti stabili del nostro essere che, una volta finita la quarantena, potrà rivolgere di nuovo il desiderio verso l’Altro».
Ed infine allora, come prepararsi al ritorno alla normalità?
«Domanda difficile, mette in campo la nostra capacità di immaginare il futuro, processo che molte persone evitano volontariamente, non perché non siano capaci di metterlo in atto, ma semplicemente perché non vogliono porsi il problema. Ed evidentemente non hanno nemmeno torto, poiché questa operazione ci porta nell’ipotetico, ci discosta da quello che invece è il reale del presente in cui si vive. Quindi la verità è che non saremo mai completamente pronti ad affrontare questo futuro, perché, per quanto possiamo immaginarlo nei minimi particolari, c’è una variabile importantissima che non potremo mai prevedere che è l’Altro. Messa questa premessa, dobbiamo essere pronti proprio a questo nuovo incontro con l’Altro, un Altro che a sua volta è cambiato sia nel suo narcisismo come noi nel nostro, e un Altro che è cambiato nell’immagine che ognuno di noi ha di esso. Un Altro che quindi non conosciamo più, non sappiamo più chi sia dopo la quarantena, perciò l’unico modo per prepararsi veramente ad un ritorno alla normalità è essere disponibili a questa nuova scoperta, accoglienti e curiosi nell’ascolto di chi ci ha sempre circondato e di chi invece incontreremo di nuovo, perché fra questi due tipi di persone non ci saranno molte differenze».