Pesaro

Insultò il sindaco di Pesaro, assolto in Cassazione. Centrodestra: «Ricci usò il Comune per una questione privata»

Il nocciolo della questione è che le offese, secondo la Cassazione, erano rivolte alla persona e non all'Ente. «Ora paghi le spese legali»

Matteo Ricci
Matteo Ricci

PESARO – Insulti al sindaco, assolto dalla Cassazione l’uomo che aveva scritto parole al veleno nei confronti di Matteo Ricci, allora primo cittadino di Pesaro.

La questione che ha ribaltato le sentenze di primo e secondo grado è che il Comune non sarebbe stato legittimato a proporre querela visto che le offese erano rivolte a Matteo Ricci come persona e non al Comune.

E il Centrodestra attacca. «Ancora una volta viene messo in luce come Matteo Ricci dimostri la sua concezione personalistica delle istituzioni, piegandole ai propri interessi. La recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha annullato la condanna penale nei confronti di un cittadino per insulti rivolti a Ricci, certifica l’uso improprio delle istituzioni da parte del sindaco. Il procedimento, infatti, era scaturito da una querela presentata non dal diretto interessato, ma dall’Avvocatura civica del Comune di Pesaro, che nulla aveva a che vedere con la vicenda. Un atto grave, che dimostra come il sindaco continui a confondere se stesso con le istituzioni, il proprio ruolo istituzionale con la sua persona».

I consiglieri Dario Andreolli (Lega), Serena Boresta, Michele Redaelli, Daniele Malandrino, Cristina Canciani, Giovanni Corsini (Fratelli d’Italia), Marco Lanzi, Giulia Marchionni (Pesaro Svolta), Mauro Marinucci, Antonio Bartolomei, Giovanni Dallasta (Forza Italia) proseguono: «La Cassazione è stata chiara: la querela non poteva essere presentata dal Comune, poiché le offese non erano rivolte all’ente, bensì a Ricci in quanto individuo. Il primo cittadino di Pesaro, invece, ha ritenuto opportuno coinvolgere l’istituzione per una questione privata, alimentando un evidente cortocircuito tra funzione pubblica e interesse personale. Un atteggiamento inaccettabile, che mina la credibilità delle istituzioni e dimostra, ancora una volta, l’arroganza con cui Ricci ha esercitato il proprio mandato».

Per l’opposizione «alla luce della pronuncia della Suprema Corte che ha dichiarato improcedibilità dell’azione penale promossa dal Comune è quantomeno doveroso se non persino dovuto che Ricci provveda direttamente al pagamento di tutte le spese processuali sostenute per tutti i gradi di giudizio oltre a farsi carico del pagamento delle spese legali cui il comune sarà stato condannato stante la soccombenza. Non possiamo inoltre non evidenziare l’ipocrisia di chi, come Ricci, si erge a paladino della correttezza e della lotta contro la violenza verbale sui social, quando lui stesso è stato il primo a usare toni aggressivi e offensivi nei confronti dei consiglieri di opposizione. Ricordiamo le sue urla in aula consiliare, quando ha definito i rappresentanti del centrodestra “sciacalli”, “avvocati dei miei stivali” o “piccole donne” e molti altri, con atteggiamenti che nulla hanno a che vedere con il rispetto istituzionale e il confronto democratico».

«Questa vicenda evidenzia due verità che i cittadini di Pesaro non possono ignorare: la prima è che Ricci ha usato il Comune come se fosse una sua proprietà privata, la seconda è che la sua battaglia contro il linguaggio d’odio è a senso unico. Da una parte, si scaglia contro gli insulti ricevuti, dall’altra, è il primo a insultare chiunque osi criticarlo, con un’arroganza che oggi viene smascherata anche dalla giustizia».