PESARO URBINO – Il grande invaso pensato nel territorio di Apecchio anima il dibattito sul tema del bene idrico. Legambiente interviene in merito al progetto della diga di Candigliano/San Martino, proposta da Marche Multiservizi.
«La nostra provincia, sia in questa che nelle recenti stagioni estive, ha sofferto la siccità – spiegano Alessandro Bolognini, Presidente del circolo “Le Cesane” di Urbino, Rosalia Cipolletta Presidente del Circolo “Il Ragusello” di Pesaro e Pamela Canistro, Presidente del circolo “Idefix” di Fano – riportando al centro l’urgenza di sviluppare politiche per un corretto uso e salvaguardia dell’acqua. La nostra attenzione si è posata anche sul progetto della diga di Candigliano/San Martino, proposta da Marche Multiservizi. Un’opera imponente, alta una cinquantina di metri, con una estensione di circa un chilometro quadrato, che dovrebbe contenere circa 14 milioni di metri cubi di acqua e si andrebbe ad inserire in un contesto di pregio ambientale ricco di biodiversità, e sottoposto a eventi sismici».
Negli ultimi giorni, la Provincia di Pesaro Urbino, è stata interessata da momenti di confronto sul tema della diga e della gestione dell’acqua nel territorio, con convegni organizzati da associazioni, interventi della politica e riunioni dell’Aato.
«Molti soggetti, sia pubblici che privati hanno espresso contrarietà in merito all’opera ed ai suoi inevitabili impatti – sostengono Andrea Minutolo, Responsabile Scientifico Legambiente, e Marco Ciarulli, presidente Legambiente Marche – le soluzioni alternative da approcciare vanno sviluppate con uno studio tecnico, eseguito da un organismo sovradimensionato alla Aato, e senza che vi partecipino, per evidenti motivi, le aziende direttamente interessate nel vedere realizzate le opere».
L’associazione infine, rilancia un’iniziativa per il 27 gennaio aperta al pubblico e rivolta a tutti i portatori di interesse della materia: “L’oro blu di Pesaro e Urbino: strategie per una gestione sostenibile della risorsa idrica” presentando quindi alcune proposte ritenute necessarie ed urgenti da inserire nello studio.
Tra le idee di Legambiente quelle di «Realizzare di una rete di piccoli laghi artificiali lungo fiumi e torrenti per una migliore gestione delle piene, in modo da consentire l’accumulo di acque di superficie e ricaricare serbatoi idrici sotterranei. Servono percorsi inclusivi e partecipativi che portino a politiche condivise con le popolazioni residenti a tutelare le risorse idriche. Occorrono interventi strutturali per rendere moderno ed efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato, ammodernarne la rete di distribuzione dell’acqua potabile, limitarne la dispersione dovuta alle perdite dell’acqua erogata (che oscillano da 1/3 fino a oltre la metà in certe municipalità). Pensiamo anche al riutilizzo delle acque depurate sia nei processi produttivi che nelle pratiche agricole investendo nelle tecnologie più innovative ed efficienti. E al potenziamento della ricarica delle falde: mediante aree o bacini di ritenzione delle acque meteoriche si recuperi la multifunzionalità delle aree sottratte alla pertinenza fluviale che, tornando inondabili, possono accogliere enormi quantità di acqua per la ricarica delle falde. Infine la pulizia dai sedimenti di fango e ghiaia dei grandi invasi esistenti che sottraggono la portata di acqua del 50%, e manutenzione di quelli piccoli e medi».