PESARO URBINO – L’alta Valle del Foglia e l’invaso di Mercatale sono i protagonisti di uno studio condotto dall’Università di Urbino per conto del Consorzio di bonifica delle Marche, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Land. Un privilegio riconosciuto quest’anno a pochissimi italiani. Artefici del risultato sono il professor Riccardo Santolini e la professoressa Elisa Morri, del Dipartimento di Studi Umanistici, che hanno approfondito quali importanti effetti possa avere l’applicazione di buone pratiche agricole nella prevenzione del dissesto idrogeologico e nella tutela e valorizzazione del suolo. Effetti che si traducono nel risparmio di diversi milioni di euro da parte delle amministrazioni pubbliche e della collettività tutta.
Il professor Santolini spiega il senso dello studio: «Abbiamo analizzato gli scenari e quantificato i mancati costi che potrebbero esserci nell’alta valle del Foglia se venissero applicate buone pratiche agricole previste dal Piano di Sviluppo Rurale. Pratiche che potrebbero ridurre fortemente il dissesto idrogeologico, la perdita di suolo e migliorare la stabilità dei versanti. In concreto abbiamo valutato gli effetti delle azioni conservative dei suoli, che sommate alla capacità di aggregazione tra agricoltori, potrebbero “valere” fino a 12 milioni di euro. Il Consorzio di bonifica ci ha incaricato di studiare gli scenari possibili in funzione dell’invaso di Mercatale, che ha un’importante funzione pubblica, sia irrigua che idropotabile. L’interramento della diga obbliga l’ente a spendere molti milioni di euro per togliere i sedimenti accumulati. Beh, parte di questi costi potrebbero essere evitati con l’applicazione di pratiche agricole attente alla conservazione del suolo e alla stabilità dei versanti».
Per Santolini il metodo è questo. «Nelle Marche quasi l’80% della superficie agricola è destinata a seminativi spesso con pendenze anche importanti. Queste colture lasciano per parecchi mesi il terreno nudo e durante le precipitazioni intense, si perde suolo e materiale organico che è la ricchezza dei nostri terreni. Questo materiale non trattenuto a monte, viene convogliato nel reticolo idrografico e accumulato dove diminuisce la pendenza, come nell’invaso di Mercatale. Poi bisogna spendere milioni per liberarlo. La soluzione è cambiare tipo di colture ed anche i metodi, finalizzandoli ad una nuova economia, alla cura del territorio e dei beni collettivi come l’invaso. In questo modo, parte dei costi risparmiati per liberare Mercatale potrebbero essere corrisposti agli agricoltori come riconoscimento per il mantenimento di una funzione ecologica a beneficio della comunità».
Santolini propone «colture che favoriscano la conservazione del suolo; su certe pendenze inoltre, dovrebbe essere vietato lasciare nudo il terreno evitando così l’innesco di dissesti e conseguenti alti costi di ripristino. Si tratta di attuare nuove economie agroambientali che inneschino processi di economia circolare. Bisogna ripensare il modo di fare agricoltura, affinché conservi il suolo mantenendo la produttività e la qualità dei prodotti».
Ma occorre la collaborazione fondamentale degli agricoltori. «Potrebbe essere incentivata attraverso riconoscimenti economici che si potrebbero ricavare dai costi risparmiati per il dissesto idrogeologico. Questi vengono chiamati servizi ecosistemici e sono già stati definiti nella legge 221/2015. Premiare economicamente chi tutela il territorio e le risorse come l’acqua, è necessario se vogliamo mantenere la collina e la montagna popolata, avere buoni prodotti e sviluppare azioni di adattamento ai cambiamenti climatici. Le leggi ci sono, si tratta solo di applicarle, con benefici enormi per tutti».