PESARO – Emergenza idrica, in attesa della pulizia degli invasi che non avverrà prima della primavera 2023, si guarda a un’altra soluzione.
«I pozzi di acque profonde sono ancora usati come bancomat dell’approvvigionamento idrico nella provincia di Pesaro Urbino, ma è sbagliato affrontare siccità sempre più intense limitandosi ai soli interventi dettati dall’emergenza, senza curarsi delle conseguenze sull’equilibrio delle risorse ambientali». La capogruppo dei 5 Stelle in consiglio regionale Marta Ruggeri interviene sul recente provvedimento riguardante il pozzo di Sant’Anna, al Furlo, che fornirà 150 litri al secondo di acqua di sorgente pura e potabile semplicemente per buttarla nel fiume Metauro.
«Si sono costruite intere campagne elettorali – prosegue Ruggeri – sul tema dell’abuso del prelievo dalle riserve di acque profonde a lenta ricarica, ma nulla è cambiato rispetto alle molto discutibili pratiche messe in atto ogni estate dalla precedente amministrazione regionale. Nulla è cambiato perché nulla è stato finora fatto per risolvere la carenza stagionale di acqua potabile con interventi di pulizia degli invasi e sulle perdite della rete idrica. Neppure si prova a guardare qualche centimetro oltre l’intervento in emergenza, magari partendo da quelle basi minime di conoscenza che permetterebbero di programmare razionalmente, e nel rispetto dell’ambiente, l’utilizzo delle riserve strategiche di acqua purissima che le nostre montagne riescono ad accumulare con processi naturali che durano decenni. A fine anno ho chiesto alla giunta marchigiana l’elenco delle riserve strategiche, previsto dalla legge regionale 5 del 2006, proprio per salvaguardare i pozzi di Sant’Anna e del Burano, ma l’invito è ancora inascoltato. Allora riformulo la domanda: il prelievo di ulteriori 150 litri d’acqua al secondo dal pozzo di Sant’Anna è da considerare sostenibile? Esiste qualche studio che fornisca una risposta in tal senso?».
L’apertura del pozzo al Furlo sembra preludere a un analogo provvedimento riguardo al pozzo del Burano. «Tuttora però – conclude Ruggeri – è ben lontano l’inizio di qualche lavoro per dragare i sedimenti accumulatisi negli invasi artificiali, per carenza di manutenzione, e recuperare di conseguenza volumi di accumulo per le risorse idriche di superficie. Le perdite delle reti esistenti, poi, continuano a essere sempre le stesse. Tante chiacchiere, nessun risultato».