FANO – Lo studente di Fano sottoposto a TSO dovrà affrontare un procedimento penale per turbativa al regolare svolgimento delle lezioni. La vicenda è oramai ben nota ai più: lo scorso 5 maggio uno studente dell’Istituto Olivetti di Fano venne prelevato dalle forze dell’ordine, trasferito nel reparto Psichiatrico dell’ospedale di Pesaro e sottoposto a TSO. L’accaduto innescò un vero e proprio tornado di polemiche tanto che la vicenda finì in prima pagina sui quotidiani nazionali e fu oggetto di diversi servizi televisivi da parte di noti programmi.
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A distanza di qualche mese, ad accendere nuovamente i riflettori sull’accaduto, sono i legali del ragazzo, l’Avv. Carla De Cesare e l’Avv. Nicola Peverelli che, in una nota congiunta, vogliono fare luce su alcuni aspetti che sarebbero stati distorti o peggio, strumentalizzati dai media.
«Non è raro che le notizie vengano date con certo studiato risalto nell’impaginazione del giornale e le richieste di rettifica e smentita siano invece pubblicate in un angoletto nascosto. I titoli poi che utilizzano stereotipate definizioni e luoghi comuni, mettono sotto una luce negativa il soggetto che viene definito utilizzando la formula stereotipata che, nel caso di specie, è quella di “No mask”. Il riferimento è ad un articolo apparso qualche giorno fa sulla pagina di Pesaro di un quotidiano. Basterebbe dire “Yes breath” e tutto avrebbe un altro senso».
Gli avvocati del giovane fanese illustrano poi gli strascichi legali che questa vicenda comporterà in quanto lo studente è stato anche denunciato dal dirigente scolastico dell’istituto: «Il giovane studente sottoposto, a nostro avviso, ingiustamente a TSO, un TSO che, sempre a nostro avviso, ha avuto una finalità punitiva, per un riesumato reato d’opinione, dovrà ora affrontare un’altra prova. Si tratta del procedimento penale in cui viene ipotizzato che lo studente abbia turbato il regolare svolgimento delle lezioni, manifestando platealmente la volontà di non indossare i DPI (ossia “la mascherina posizionata per coprire le vie aeree”). Probabilmente la manifestazione di questa volontà è stata ritenuta estremamente pericolosa, tanto pericolosa da dover essere arginata e contenuta mediante l’impego della forza pubblica, su richiesta di intervento da parte della preside dell’istituto. Preside che ha anche presentato denuncia querela nei confronti del giovane studente».
I due avvocati vogliono dare anche la loro versione di come si sarebbero effettivamente svolti i fatti in quella mattinata. Il passaggio più rilevante riguarda la motivazione diretta che avrebbe portato al Trattamento obbligatorio sanitario: il ragazzo si sarebbe rifiutato di sottoporsi a tampone e di fatto sarebbe stato costretto ad eseguirlo con la forza: «Così, tanto per chiarire alcuni fatti, ci soffermiamo sulla mattina del 5 maggio, quando al nostro giovane assistito è stato detto di recarsi dalla sua classe al piano terra, dove avrebbe trovato personale medico che gli avrebbe spiegato l’uso corretto delle mascherine ed i motivi medico/scientifici per cui devono essere utilizzate. Recatosi al piano terra, gli è stato detto che il personale medico era fuori nel parcheggio della scuola. Uscito fuori e recatosi presso il parcheggio, un operatore sanitario gli ha detto che il medico era dentro l’ambulanza. Salito sull’ambulanza, il personale sanitario al suo interno ha chiuso le porte ed il mezzo è partito alla volta del pronto soccorso, dove lo studente si è ritrovato, a sua insaputa, quando ne è sceso. Qui è stato sottoposto a visita medica psichiatrica ed a tampone nasofaringeo, contro la sua volontà. Infatti, dai documenti esaminati risulta che il TSO gli è stato somministrato proprio perché non voleva sottoporsi a tampone naso faringeo».
In merito poi agli accertamenti sul giovane sulla sua capacità di intendere gli avvocati riferiscono: «La vicenda già di per sé paradossale e sconcertante, se solo ci si soffermasse un attimo a riflettere sulla violenza psicologica, fisica e morale di cui è stato vittima il ragazzo, è giunta al paradossale epilogo per cui è stato il pubblico ministero a richiedere l’incidente probatorio per accertare la capacità processuale e di intendere e di volere dello studente all’epoca dei fatti. La predetta richiesta è stata effettuata sulla base dei soli certificati medici del pronto soccorso che hanno proposto e convalidato il TSO, ignorando completamente il certificato di dimissioni. In tale certificato viene esclusa la presenza di patologie psichiatriche, infatti non ne è stata diagnosticata alcuna, tanto più che le dimissioni sono state disposte solo dopo quattro giorni di ricovero, quando il periodo minimo di un trattamento sanitario obbligatorio è di 7 giorni. Peraltro, durante la degenza non è stata ravvisata la necessità di sottoporre lo studente ad alcun tipo di terapia farmacologica».
E concludono con una riflessione su quanto successo etichettandolo come deplorevole ‘episodio dimostrativo’: «Molti personaggi, sia del mondo politico, che del mondo scientifico, hanno espresso perplessità o addirittura contrarietà nei confronti dell’utilizzo della mascherina, alcuni tout court, altri solo sul suo utilizzo all’aperto, ma non ci risulta, e lo diciamo con un gran sospiro di sollievo, che alcuno di loro sia stato sottoposto a TSO. Forse è stato colpito solo l’anello debole della catena a scopo dimostrativo? Ma è soprattutto triste, svilente e tutt’altro che educativo, pensare che sia diventato necessario tacitare, negli studenti, opinioni discordanti con quelle della maggioranza, dovendo ricorrere alle forze di polizia ed al TSO; opinioni che possono essere discutibili, non condivisibili, sulle quali si potrebbe intraprendere un serio confronto scientifico ed etico tra persone che hanno idee diverse, ma non per questo passibili di essere tacitate con il ricovero forzoso in psichiatria».