Pesaro

Fano, studenti e docenti del Don Orione uniti per la comunità ucraina di San Biagio. L’intervista

Intervista alla professoressa di lettere Raffaella Zuccarini che racconta del rapporto nato tra l'Istituto Tecnico Don Orione ed i profughi ucraini di Villa San Biagio

La Prof.ssa Zuccarini con gli ospiti ucraini di Villa San Biagio
La Prof.ssa Zuccarini con gli ospiti ucraini di Villa San Biagio

FANO – Aiutare e sostenere chi è in difficoltà sull’onda dell’emotività è un qualcosa di innato nello spirito umano. Più raro che questo slancio, esaurito l’entusiasmo iniziale, prosegua e perduri nel tempo. Questa seconda, più rara possibilità, è quanto stanno vivendo gli studenti ed i docenti dell’Istituto Tecnico Don Orione che, da quando Villa San Biagio ha iniziato ad ospitare i profughi ucraini, hanno continuato a coltivare un rapporto fatto di piccoli gesti e visite a carattere settimanale che stanno germogliando in autentica amicizia.

Gli alunni della scuola ed alcuni insegnanti, a carattere del tutto volontario, continuano a far visita alle donne e bambini scappati dalle guerra: attività, sport, lezioni di italiano e soprattutto tanto calore umano.

Tra i primi a raccontare qualche settimana fa la genesi di questo rapporto era stata l’assessore Barbara Brunori che aveva preso parte ad uno dei primi sabati in cui i ragazzi del Don Orione avevano fatto visita agli amici ucraini: «Che bel pomeriggio abbiamo trascorso grazie ai ragazzi dell’Istituto Tecnico Industriale – Don Orione Fano sotto un cielo di Pace, di giochi e di amicizia! Ho tanto apprezzato la disponibilità dei giovani studenti a donare il proprio tempo per accogliere e far star bene i loro coetanei della Comunità Ucraina. È stato bello vederli giocare e sorridere insieme, si sono compresi malgrado la diversa lingua. Il mettersi a disposizione è un modo per esprimersi e divenire persone migliori».

I rifugiati ucraini ed gli studenti e docenti del Don Orione
I rifugiati ucraini ed gli studenti e docenti del Don Orione

A raccontarci più nel dettaglio come queste iniziative siano proseguite anche in queste settimane è stata la Prof.ssa di lettere Raffaella Zuccarini: «È fondamentale esserci: donare tempo e sorrisi è un piccolo gesto che riscalda il cuore di queste donne e bambini fuggiti dalla guerra. Basta porsi una domanda: che cosa può ridurre la nostalgia della mia terra e il dolore della fuga o della perdita? Disegnare il volto di un pagliaccio, parlare a gesti del proprio lavoro, descrivere un piatto tipico dell’Ucraina: diciamo che è un mettersi in gioco collettivo, è un farsi compagnia, è allontanare per qualche ora ricordi e brutti pensieri».

Un‘esperienza preziosa per tutti coloro che ne stanno prendendo parte: «È un’esperienza davvero arricchente, perché con queste persone si cerca di condividere quello che spesso dimentichiamo travolti dalla frenesia quotidiana. Con queste donne e bambini, condividiamo la NORMALITÀ, la lentezza della NORMALITÀ. E questo vivere spensierato, cercando di intendersi con gli sguardi o a gesti, arricchisce chi, come me, è spesso immerso nella quotidianità più alienante».

Prosegue poi la docente spiegando nel dettaglio come viene strutturato il tempo: «Io ho trascorso alcune ore con questi profughi per due sabati. I ragazzini sono quelli più attivi e insieme ad alcuni studenti giocano a calcio o a biliardino; per i più piccoli bastano matite, colori e qualche strampalato disegno. E poi accade che proprio attraverso il disegno ci si scambino le prime parole. Si chiacchiera: tra gesti, qualche parola in inglese e soprattutto con le foto conservate nei cellulari, si raccontano storie, si mostrano amici e famigliari, si piange, si ricorda».

Un’occasione preziosa soprattutto per gli alunni del Don Orione: «Gli studenti si stanno attivando per organizzare alcuni momenti infrasettimanali da trascorrere insieme. Il sabato alcuni di loro si sono già resi disponibili per accoglierli, per giocare a calcetto o a basket. Tra i tanti impegni scolastici e non solo, cercano di ritagliare tempo e spazio per chi sanno essere meno fortunato di loro. In classe io e i colleghi abbiamo parlato con i ragazzi di quello che sta succedendo. Sotto i loro occhi passano immagini di coetanei costretti ad abbandonare la casa, le persone amate e gli oggetti cari. Sapere di poter fare qualcosa di concreto per loro è una sfida che vogliono vincere e ce la stanno mettendo tutta».

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