Pesaro

Fiere annullate a Fano, Senigallia e Pesaro: l’ira degli ambulanti in una lettera aperta ai sindaci

Un modo per denunciare le conseguenze del dietro-front, soprattutto per le modalità e le tempistiche. «Pensavamo di trovarci nella fase della ripartenza, ma invece no. Non esiste rispetto per la nostra categoria»

La Fiera di San Bartolomeo a Fano
La Fiera di San Bartolomeo a Fano (Immagine di repertorio)

La scelta di annullare le fiere nelle città di Fano, Senigallia e Pesaro ha generato reazioni diverse. In molti hanno ritenuto che si trattasse di una scelta legittima e dovuta in virtù della crescita nelle ultime settimane dei contagiati da covid-19. Una decisione però che ha avuto un impatto deflagrante nell’economia di coloro che grazie proprio a questi eventi vivono: gli ambulanti fieristi.

In questi ultimi giorni, l’Associazione Fieristi Italiana ha scritto una lettera pubblica ai primi cittadini dei tre comuni per denunciare le conseguenze del dietro-front, soprattutto per le modalità e le tempistiche: gli ambulanti, in vista di questi eventi, avevano già investito capitali per comprare la merce che poi avrebbero rivenduto in questi giorni di festa.

«Gli ambulanti fieristi sono senza parole, delusi, arrabbiatissimi: siamo rimasti attoniti quando dai media abbiamo appreso degli annullamenti delle Fiere di Fano e Senigallia a pochissimi giorni dal loro inizio e Pesaro che si sarebbe dovuta tenere a settembre. Pensavamo di trovarci nella fase della ripartenza, ma invece no. L’estate che scorre tranquilla e serena nelle vostre città ci aveva erroneamente indotto a pensare ciò: spiagge affollate, passeggiate gremite, locali pieni di gente, eventi organizzati. Meno male, avevamo anche pensato. Poi gli annullamenti inaspettati e nel frattempo la merce comprata per fare fronte alle Vostre fiere previste. Avete impiegato mesi a decidere e dopo poche settimane il dietrofront. Fano: 5 agosto delibera di giunta con oggetto le disposizioni relative allo svolgimento; il 19 agosto l’ordinanza di annullamento».

Gli ambulanti denunciano, in maniera neanche troppo velata, una mancanza di coerenza tra le disposizioni tenute dai Comuni – che comunque hanno avuto atteggiamenti abbastanza permissivi per quello che riguarda i controlli sulla movida (vedi le discoteche aperte fino al 16 agosto) o sui mercati cittadini che si svolgono regolarmente – ma che invece non sembrano tenere conto di questo particolare comparto economico.

«Pensavamo di trovarci oltre che nella fase di ripartenza anche nella fase di convivenza con il virus. Ingenuamente pensavamo che le Linee Guida elaborate da Governo e Regioni e dalle loro Task Force, profumatamente pagate, fossero adeguate per la ripartenza delle attività e invece sono mesi che scopriamo quanto siano inapplicabili».

L’associazione poi alza il tiro e, oltre ai sindaci di Fano, Senigallia e Pesaro, si rivolge agli enti regionali e Governativi: «Ci rivolgiamo a Governatori di Regione e al Presidente del Consiglio, vi informiamo che i Sindaci non ci fanno lavorare poichè non consentono il regolare svolgimento delle Fiere su area pubblica. Vi informiamo che i fieristi sono ancora in lockdown, benchè le nostre attività commerciali siano consentite per DPCM e Ordinanze Regionali. Vi informiamo che ad oggi, dopo quasi 6 mesi di fermo, non sappiamo ancora quando effettivamente ricominceremo a lavorare, ma a settembre ripartiranno le scuole e noi abbiamo già annullamenti per i mesi di settembre, ottobre e novembre. Vi informiamo che le nostre attività hanno subito e stanno subendo perdite ingenti perchè noi facciamo solo fiere e sagre e non mercati, per fortuna regolarmente svolti».

E ancora – «Vi informiamo che la connotazione particolare del nostro lavoro, il fatto di aprire un banco all’aperto, su una strada, non ci rende lavoratori e commercianti di serie B poichè, se non lo sapete, i contributi previdenziali e fiscali a cui siamo soggetti sono i medesimi di un qualunque esercente. Nonostante ciò non esiste rispetto per la nostra categoria. Vi informiamo cari Sindaci che, arrivando da varie regioni d’Italia come peraltro i vostri turisti, avremmo dormito nei vostri hotel, mangiato nei vostri bar, fatto la spesa nei vostri supermercati e come ben sapete in occasione di queste fiere siamo centinaia e centinaia e centinaia di banchi. Vi informiamo cari Sindaci, cari Governatori, caro Presidente del Consiglio che le nostre famiglie dipendono nel 90% dei casi esclusivamente da questo lavoro. Da qualche parte il meccanismo si è inceppato e noi ne stiamo pagando le conseguenze».

E concludono: «Se mai vorrete risponderci, non parlateci però di assembramenti perchè quelli li vediamo tutti giorni, ovunque, con veramente pochi controlli. Non parlateci del distanziamento di almeno 1 metro perché quello non lo mantiene quasi nessuno. Non parlateci, citando l’ordinanza di annullamento del Comune di Fano “di spazi angusti attraverso cui la gente deve camminare….del problema di edifici che, pur svolgendosi la fiera all’aperto, non consentono un pieno e veloce ricambio d’aria… di una maggior rarefazione del microclima e correlato aumento degli atti respiratori…”. Non parlateci di questo poiché ricominciando le scuole a settembre, al chiuso, un po’ ci spaventiamo per i nostri figli. Vi informiamo infine che siamo allo stremo e siamo arrabbiati».

«Abbiamo voluto evidenziare la situazione critica in cui ci troviamo – ci racconta una delle referenti dell’associazione, Antonella Floris – : da qualche parte ci deve essere un gap, qualcosa di non chiaro; se esiste un DPCM che permette le nostre attività come mai i sindaci, non ritenendole applicabili, si scontrano con queste linee guida? Nonostante qualche piccola fiera fatta in giro per l’Italia, la maggior parte delle manifestazioni sono state annullate. Non si può più andare avanti in questo modo: siamo un comparto completamento fermo e nessuno sembra volersene rendere conto. Non tutti infatti sanno che gli ambulanti sono di due tipi: quelli che fanno i mercati e che in questo momento stanno lavorando, e poi ci sono gli ambulanti fieristici, ovvero noi, che siamo allo stremo».

E prosegue: «Gli esempi più significativi sono stati gli annullamenti di Fano e Senigallia, giunti a pochissimi giorni dall’evento: noi ci eravamo già organizzati, investendo anche capitali per affrontarle. Quanto ai sostegni arrivati dallo Stato, a parte i due bonus da 600 euro destinati alle partite Iva non abbiamo avuti altri aiuti: l’inghippo sta nel nostro codice ATECO con il quale si può lavorare…ma noi di fatto non lavoriamo perchè i sindaci non recepiscono l’ordinanza governativa».