PESARO – L’abisso della droga, una notte insonne per rendersi conto di aver perso tutto, poi il lungo cammino per riprendersi la propria vita, voltare pagina e scrivere una nuova storia.
In occasione del 26 giugno, Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga, raccontiamo la storia di Marco (nome di fantasia per tutelarlo), pesarese di 34 anni.
«Facevo uso di tutto tranne di eroina perché non faceva per me». È questo l’incipit, una enorme consapevolezza e una grande fiducia nel raccontare ciò che ora è passato. «Mi drogavo per essere dissociato, non sentire il peso della vita e dei problemi. Ho iniziato perché non stavo bene a casa per via di una situazione familiare che mi metteva sotto pressione. Dovevo sempre dare di più e non mi sentivo all’altezza, sin da adolescente. Subivo i litigi dei miei, a causa delle mie marachelle. Mi sentivo come il figlio che causava problemi. Così neanche maggiorenne ero già fuori di casa, ho sempre cercato di scappare».
La passione per la musica, gli audiovisivi e i service lo ha portato a frequentare ed essere protagonista ai rave party. «Ho iniziato con la marijuana poi gli allucinogeni, i trip, l’mdma, la chetamina e la cocaina. Usavo le droghe per sballarmi, divertirmi, dissociarmi».
Marco cresce, dopo un periodo come cameriere, riesce a lavorare nel campo dei service. Qui conosce una ragazza importante, lontana dal mondo delle droghe. «Sapeva di qualche canna ma non di più. Lei era lanciata nella carriera. Avevo quasi smesso di fare uso di droghe perché, coprivo le mie mancanze col lavoro e la relazione.
Un giorno mi sono fatto male e sono stato in malattia per 6 mesi. In preda alla noia, ho ricominciato a drogarmi e sono calato a picco. Ho usato cocaina tutti i giorni finchè la mia ragazza mi ha seguito in macchina e ha trovato un pacco pieno di marijuana. Ci fu un gran litigio e mi chiede di mollare tutto, perché bastavamo noi due. Io scelsi la droga e quando tornai mi aveva lasciato tutto fuori dalla porta. Preso dall’orgoglio sono andato in affitto, ma in tre mesi sono finito all’inferno. La cocaina era una costante, una mattina dopo aver fumato all’impossibile, mi sono guardato allo specchio: ero solo, in un luogo squallido. Ho pensato: sto buttando tutto. Ho mandato un messaggio alla mia ex chiedendo aiuto. Così sono entrato a San Patrignano per un percorso di recupero. Ci sono voluti quattro anni e ne sono uscito nel 2019».
Fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli la comunità ha accolto oltre 26mila ragazzi. Ad oggi sono 1000 quelli presenti, di cui 200 ragazze. Gli ingressi sono circa 400 ogni anno e 300 vengono reinseriti nella società dopo aver smesso con le droghe. Ci sono anche 30 minorenni ogni anno che vengono accolti.
San Patrignano è gratuita e non richiede rette né ai ragazzi in percorso, né alle loro famiglie. L’obiettivo è l’autosostenibilità. Oggi si sostiene per circa il 75% attraverso la vendita dei suoi prodotti e servizi e per il resto attraverso progetti di raccolta fondi e donazioni.
C’è un dato molto importante: il 72 per cento dei ragazzi, al termine del percorso, non ricadono nel problema della droga. Il 46% i ragazzi che al termine del percorso hanno conseguito un titolo di studio o una qualifica professionale.
La dipendenza primaria, è la cocaina per il 53,5%, mentre l’eroina, è al secondo posto con 34,9%. Da notare anche come continui ad essere una costante la problematica della poliassunzione, con il 90,9% dei nuovi entrati che fa uso di più droghe.
Oggi Marco lavora, ha un buon rapporto con la famiglia e non tocca più le droghe. «Bisogna che le persone che ci stanno intorno abbiano gli occhi aperti, e che siano capaci di ascoltare nonostante il chiasso assordante che ci circonda. Bisogna essere umili. Oggi posso dire di essere felice».