Le emozioni, che si esprimono nel teatro del corpo, sono una caratteristica fondamentale di ogni essere umano. Ci guidano durante le situazioni più delicate e difficili, influenzando la nostra vita e le nostre decisioni.
Se questa tesi è valida per gli individui in generale, lo è ancor di più per gli insegnanti e i bambini in particolare.
Vediamo perché.
La Pedagogia centrata sull’empatia ci indica la via per sintonizzarci sui bisogni e sui desideri dell’altro, decifrando le emozioni senza etichettarle.
L’empatia, così importante perché un adulto possa comprendere un bambino, comporta che si consideri l’altro nostro pari; non per ciò che riguarda il sapere, l’intelligenza o l’esperienza, bensì rispetto ai sentimenti e alle emozioni che ci muovono tutti, adulti e bambini.
Questo comporta che si abbia familiarità con tutta la gamma dei nostri sentimenti, non solo con quelli del momento.
Avere una reazione empatica significa intuire la geografia interna dell’altro, così che i nostri sentimenti ci facciano intravedere non soltanto le sue emozioni, ma anche le sue motivazioni. Significa comprendere l’altro anche dall’interno, non solo dall’esterno. Anche con il cuore, non solo con l’intelletto.
Non sempre è possibile spiegare adeguatamente con le parole che cosa significhi provare certe emozioni, come l’amore, la collera, la gelosia, l’angoscia, o certi stati emotivi come la depressione o l’esaltazione.
Ma se li abbiamo vissuti a nostra volta, sappiamo come deve sentirsi l’altro, e allora ci sentiamo molto vicini a lui, lo comprendiamo molto meglio che se dovessimo basarci soltanto su quello che ci può dire.
Se vogliamo capire il bambino quando è mosso da intense emozioni, dobbiamo cercare di comprendere con empatia quello che si agita nel suo intimo, e rispondere con il sentimento e con l’azione a quanto abbiamo scoperto dentro di noi. Ma per poterlo fare, non dobbiamo permetterci di farci trascinare dalle nostre reazioni al comportamento disorganizzato del bambino.
Tutti gli operatori che si occupano di infanzia, tenendo a mente questi principi, alimenteranno l’economia del benessere del bambino, che anche durante il percorso non lineare dello sviluppo, potrà attingere ad essa per l’autoregolazione del proprio comportamento.
L’operatore, oltre che con le emozioni dei bambini, si confronta anche con le proprie?
Certamente! Risulta quindi fondamentale la consapevolezza del proprio mondo interiore per potersi relazionare al meglio con i bambini.
Le emozioni e gli stati d’animo influenzano fortemente le relazioni e i legami amicali in cui i bambini sono inseriti, soprattutto quando cominciano le esperienze sociali.
Ma quali sono le prime emozioni di cui parliamo con i bambini?
Nei primi sei anni di vita del bambino si formano le mappe emotive per vivere e sentire gli eventi del mondo e per avere risonanza emotiva dei propri comportamenti. Attraverso l’educazione emotiva, espressa dagli adulti che vivono e lavorano a contatto con i bambini, si può stimolare la creazione delle competenze che servono per cominciare a familiarizzare con le emozioni. Il processo di conoscenza delle emozioni prende vita dalle prime relazioni che il bambino instaura con il caregiver, per poi allargare il raggio d’azione nel momento in cui si affaccia a esperienze di socialità.
Parlare di emozioni con i bambini è fondamentale, per trasmettere loro la conoscenza di questo meraviglioso mondo che caratterizza tutta la sensibilità dell’essere umano.
Con tutte le sue potenzialità.
Con tutte le sue fragilità.
Le emozioni di base a cui facciamo riferimento sono:
La felicità. Quando siamo felici il nostro corpo attiva un centro cerebrale che inibisce i sentimenti negativi e aumenta l’energia a nostra disposizione.
I bambini sono felici quando giocano con la propria famiglia e con i propri pari. Un bambino è felice quando sente che l’adulto gli dedica tempo e attenzioni.
La paura. Quando ci troviamo in una situazione di potenziale o reale pericolo, l’organismo entra in uno stato di allerta.
Le paure dei bambini derivano dalla continua esplorazione della realtà, tutta sconosciuta e quindi possibile fonte di minaccia.
Nei bambini piccoli le paure più comuni sono quelle del buio e dei mostri nella propria cameretta: non vanno criticate ma accolte con cura e reale attenzione.
Il ridere. La risata è un mezzo di comunicazione che, data la sua componente sociale, può avere degli effetti positivi nelle relazioni interpersonali favorendo lo sviluppo e il sostegno dei legami sociali.
Una relazione di qualità e di humor con i bambini, determina un attaccamento sicuro e spensierato verso sè stessi e verso gli altri.
La rabbia. Questa emozione scatena una forte reazione. La risposta alla rabbia è un’energia incontrollata che si manifesta con comportamenti aggressivi. Nei bambini la rabbia può essere incanalata mettendosi in ascolto delle sensazioni del piccolo, dando loro un senso, volendo anche un nome. Inoltre, si possono offrire modi alternativi al bambino, per ottenere ciò che vuole imparando a tollerare le frustrazioni.
Lavorando sulle emozioni, noi operatori di asilo nido, come possiamo contribuire a sviluppare nei bambini le componenti dell’intelligenza emotiva?
Il percorso di educazione emotiva avviene attraverso attività quali la lettura, il disegno, canzoncine e giochi tutti strutturati e mirati alla conoscenza, al riconoscimento e alla gestione delle emozioni.
I bambini, allenandosi con naturalezza, impareranno ad individuarle e a capirle in loro e nei loro compagni, attraverso l’esperienza e meglio ancora attraverso l’esempio di noi adulti.
“Non ci sono emozioni positive e negative, sono tutte musica della vita”
Quindi ascoltiamole tutte.
Con emozione!
Teniamoci per mano e mettiamoci in gioco!
Silvia Ferretti, pedagogista
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