PESARO – Più di una impresa su cinque a Pesaro è donna. Si trovano a combattere quotidianamente con le difficoltà a conciliare lavoro e famiglia, con la carenza di asili e servizi sociali per i figli, con la diffidenza delle banche quando vanno a chiedere un credito per un investimento aziendale. Ma le imprese rosa resistono e si sviluppano.
Nella provincia di Pesaro e Urbino le imprese attive “femminili” (le imprese dove controllo e proprietà sono prevalentemente in capo a donne) sono 7.321 alla fine del 2022; erano 7.741 alla fine del 2018. Le imprese femminili sono il 22,1% delle imprese totali della provincia e rispetto al 2018 sono leggermente diminuite di peso (erano il 22,2% nel 2018).
Nel corso del 2022 si sono perdute 228 imprese attive femminili e in termini percentuali la perdita è stata del -3,0%. Nel corso del 2022 la provincia ha perduto ben 1.144 imprese di quelle complessivamente attive e la perdita è stata del -3,3%. Dunque le imprese femminili hanno subìto di meno il rarefarsi del tessuto provinciale delle imprese.
Negli ultimi cinque anni (tra 2018 e 2022) le imprese femminili della provincia hanno perso 420 unità attive (-5,4%) e il complessivo tessuto di imprese si è ridotto di 1.720 unità attive (-4,9%): in questo caso le imprese femminili hanno sofferto un po’ più intensamente del forte processo di ridimensionamento che ha interessato il tessuto complessivo delle imprese attive.
La struttura per macro-settori delle imprese femminili al 2022 risulta differente rispetto a quella complessiva della provincia: le imprese femminili hanno una maggiore concentrazione nei servizi (67,6% contro il 57,8% del tessuto complessivo di imprese della provincia) e nell’agricoltura (17,7% contro 15,0%) mentre sono assai meno presenti nelle costruzioni (3,3% contro 13,9%); meno rilevante è la differenza per le manifatture, che per le imprese femminili pesano per l’11,3% e tra le imprese totali per il 13,3%.
Nel periodo 2018-2022 le imprese femminili hanno perso 188 unità (-12,6%) nell’agricoltura e 216 (-10,7%) nel commercio; ne hanno perdute 52 (-6,0%) nel manifatturiero e 47 nei servizi di alloggio e ristorazione (-6,0%). Hanno guadagnato imprese, invece, in termini sostenuti, in varie attività di servizio, alcune delle quali definibili “ad alta intensità di conoscenza”: è il caso soprattutto delle attività immobiliari, delle attività professionali, scientifiche e tecniche, dei servizi alle imprese (noleggio agenzie viaggio servizi supporto imprese).
«Servono interventi per far crescere ancora la presenza delle donne che fanno impresa e che – dice il direttore di CNA di Pesaro e Urbino, Claudio Tarsi – hanno dimostrato di essere più innovative e attente ai valori della sostenibilità ambientale e della transizione digitale. E’ crescente l’impegno delle donne nei settori a maggior contenuto di conoscenza ma non basta. Quello che chiediamo è di migliorare la formazione alle nuove tecnologie, un accesso più facile alle risorse finanziarie e una semplificazione delle procedure amministrative».