ANCONA – Continua a far discutere la vicenda di Mario, il 43enne tetraplegico marchigiano che potrebbe essere il primo in Italia ad accedere al suicidio medicalmente assistito. Dopo il parere del Comitato Etico di Asur Marche, che in seguito a due diffide ha riconosciuto la sussistenza dei requisiti per l’accesso all’eutanasia del 43enne, mettendo in dubbio il farmaco proposto, ci sono state diverse prese di posizione.
La Regione in una nota stampa ha precisato che il parere del Comitato etico non rappresenta il via libera al suicidio medicalmente assistito di Mario, rimasto paralizzato più di 10 anni fa in conseguenza di un incidente stradale, e che la decisione spetta al Tribunale. Ad oggi restano da stabilire le modalità di somministrazione del farmaco, che la Regione ha fatto sapere non essere state definite dal Tribunale di Ancona che aveva invitato Asur a valutare la sussistenza dei requisiti per il paziente.
Ma la battaglia legale durata quasi 15 mesi, e portata avanti da Mario con l’Associazione Luca Coscioni, sembra arrivata ad un punto di svolta. Una questione etica di grande delicatezza che divide la politica e accende il dibattito. Se una parte del mondo politico chiede che il Parlamento legiferi in materia, il Pd esulta per il riconoscimento di un diritto sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza Cappato – Dj Fabo, c’è invece chi invita alla prudenza, come le forze di centrodestra.
A tirare il freno è anche la Chiesa. I Vescovi delle Marche in una nota stampa «esprimono vicinanza e pregano per chi è nella sofferenza di ogni malattia o sta affrontando situazioni di dolore e di sofferenza. Si rammaricano che ci sia chi nella sofferenza ritiene di rinunciare alla vita, scelta che ritengono di non poter mai condividere. Esortano a non perdere mai la speranza anche nella malattia e nei momenti più dolorosi, ricorrendo a tutti i mezzi che la medicina mette a disposizione per lenire il dolore. Ritengono che la scelta di darsi la morte non sia mai giustificabile e che compito di solidarietà sociale sia creare le condizioni affinché questo non avvenga mai, senza lasciare nessuno nella solitudine della sua malattia. La vita è un bene ricevuto che va sempre difeso e tutelato».
Il Vaticano in una nota stampa ha sposato la linea delle cure palliative per lenire le sofferenze di chi è malato «che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l’équipe curante».