Pesaro

I menù scolastici di Fano, Jesi e Ancona nella top ten di Foodinsider. Scende Macerata

I migliori comuni si distinguono per la biodiversità dei piatti, per l’equilibrio della dieta, la capacità di elaborare ricette e la qualità delle materie prime, in gran parte biologiche

Immagine di repertorio

Si trovano a Fano, in prima posizione, a Cremona e Parma a pari merito al secondo posto, e a Jesi, in quarta posizione, le mense scolastiche più virtuose, nella classifica ufficializzata con la presentazione oggi 16 giugno a Roma, presso la Camera dei Deputati, del 6° Rating dei menu scolastici di Foodinsider, lo speciale Osservatorio delle mense scolastiche che redige ogni anno la graduatoria nazionale in collaborazione con Slow Food Italia. Nella top ten delle migliori mense scolastiche, entra inoltre Ancona, al nono posto, preceduta da Rimini (5), Trento (6), Sesto Fiorentino (7), Perugia (8), e seguita da Bologna (in decima posizione). Tra le città marchigiane inserite nel rating, Macerata si piazza al 25esimo posto, Civitanova Marche al 46esimo.

I migliori comuni si distinguono per la biodiversità dei piatti, per l’equilibrio della dieta, la capacità di elaborare ricette e la qualità delle materie prime, in gran parte biologiche, ma anche per la varietà di pesce, anche fresco come Jesi che propone alici, cefalo, triglia, gallinella sgombro, sugarello e molo, in base al pescato del giorno. Per le mense scolastiche di Jesi, si tratta della conferma – per il sesto anno consecutivo – nella Top Ten della classifica di Foodinsider.

Lo studio, supportato nel complesso da un’indagine dall’Osservatorio sulle mense scolastiche Foodinsider, ha avuto lo scopo di promuovere e rendere visibili quei modelli di mensa che non hanno l’obiettivo di saziare, ma di nutrire, educare, creare sviluppo economico e sociale nel rispetto dell’ambiente.  Con la classifica diffusa emerge che Ancona e Bologna entrano nella top ten ma scende Macerata che ha iniziato a chiudere alcune («in via sperimentale») cucine interne alle scuole, «suscitando- segnalano i ricercatori – grande disappunto dei genitori», mentre Siracusa sale di 12 posizioni riscattandosi dalla maglia nera dello scorso anno.

Tra le note non positive dell’indagine emerge che «sono sempre di più i menu che offrono cibi processati e ultraprocessati, passando dalla percentuale del 75,5% dello scorso anno all’81,5% di quest’anno. «Un dato – viene spiegato con l’indagine – che va di pari passo con l’aumento della frequenza di carni rosse con Terni che detiene il record di 10 proposte su 20 giorni di mensa».  Gli analisti sottolineano inoltre che «le mense diventano sempre più una collezione di piatti veloci che hanno l’obiettivo di saziare, come pasta in bianco, pizza, bastoncini, hamburger, crocchette, formaggio spalmabile yogurt e budino e rappresentano sempre meno la vera mensa scolastica che ha insito l’onere di educare, oltre che nutrire».  Poche infine le mense che di fronte «ad una dilagante povertà alimentare», che colpisce più di un bambino su 10, ha utilizzato il servizio di ristorazione scolastica per far fronte in maniera strutturale alla fragilità delle famiglie.

Diminuiscono le mense che somministrano il pasto con stoviglie lavabili, scendendo dal 65% al 59%. Un dato peggiorativo che significa tanto usa e getta sia in refettorio che in classe, soluzione che non va nella direzione della sostenibilità come indicato invece dal Ministero dell’Ambiente con i CAM (Criteri Minimi Ambientali) che richiedono di somministrare il pasto con stoviglie in ceramica.

Nella conferenza alla Camera dei Deputati sono intervenuti l’ On. Rossella Muroni Vice Presidente della commissione ambiente della Camera, l’On. Alessandro Fusacchia di Facciamo Eco e Claudia Paltrinieri Presidente dell’Associazione Foodinsider che ha esposto i dati dell’indagine. Francesca Rocchi, delegata per le mense scolastiche di Slow Food e Vice-Presidente Foodinsider ha coordinato gli interventi. Secondo quanto riferito da Claudia Paltrinieri, durante il periodo pandemico, «si è allargata la forbice tra la mensa resiliente che nonostante le difficoltà organizzative dovute al consumo del pasto in classe, ha investito per migliorare o mantenere alto lo standard qualitativo del servizio, rispetto a quelle mense dove il servizio è equiparabile ad una sorta di “fast food a scuola”, dove si è approfittato nel cogliere alla lettera l’indicazione di questa estate del CTS di ‘semplificazione’ del pasto, arrivando persino a sospendere la somministrazione dell’acqua». «Per una mensa scolastica buona, sana e sostenibile – ha aggiunto – c’è bisogno di sviluppare competenze e una cultura del buon cibo legata anche alla salute dell’ambiente. Le istituzioni, da parte loro, possono giocare un ruolo fondamentale se si sviluppa un sistema premiante (finanziamenti, vantaggi fiscali) capace di sostenere i Comuni virtuosi che hanno cuochi competenti e cucine, offrono opportunità di impiego, promuovono il consumo di prodotti biologici, e, attraverso la mensa, sostengono lo sviluppo sostenibile del territorio e intervengono in maniera sistematica a supporto delle famiglie vulnerabili».