SERRA SANT’ABBONDIO – Un luogo magico incastonato alle pendici del Monte Catria. Stiamo parlando del Monastero di Fonte Avellana, polo di bellezza, spiritualità e tanta tranquillità che vengono da decenni declinate in diverse pratiche.
Il monastero, immerso nella placida natura dell’alto pesarese (siamo nel Comune di Serra Sant’Abbondio) ha origini antichissime che si collocano alla fine del X secolo, intorno al 980, quando alcuni eremiti scelsero di costruire le prime celle di un eremo che nel corso dei secoli diventerà l’attuale monastero.
La spiritualità di questi eremiti fu influenzata da San Romualdo di Ravenna, padre della Congregazione benedettina camaldolese. Egli visse e operò fra il X e l’XI secolo in zone vicinissime a Fonte Avellana, quali Sitria, il monte Petrano, e San Vincenzo al Furlo.
Notevole impulso diede all’abbazia l’opera di San Pier Damiani, che qui divenne monaco nel 1035 e Priore dal 1043, non solo per l’ampliamento delle costruzioni originarie ma anche per un forte sviluppo culturale e spirituale che fece dell’eremo un punto di riferimento religioso e sociale. Un luogo notoriamente poi collegato alla santità: la tradizione riporta il numero di 76 santi e beati vissuti nell’eremo. Non mancano poi anche le citazioni nobili: l’Eremo viene nominato nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXI) da Dante Alighieri, il quale sembra che ne sia stato anche ospite.
Eretta l’abbazia nel 1325, Fonte Avellana divenne una potenza socio-economica e, di lì a poco (anno 1392), conobbe la pratica della commenda, ovvero un tipo di contratto esistente sin dal XII secolo nelle città mercantili italiane. In sostanza, la commenda permetteva a un possessore di denaro (generalmente l’accomandante) di non rischiarlo in proprio ma di anticiparlo a un mercante, che lo utilizzava poi per svolgere una determinata attività. Al termine dell’impiego, il capitale andava restituito e i guadagni divisi.
Fonte Avellana restò “commendata” fino a quasi tutto il 1700, ed anche se ebbe commendatari come il cardinale Giuliano della Rovere (poi Giulio II), che lasciarono segni di carattere edilizio ed abbellimenti del tutto degni di nota, nondimeno risentì profondamente degli inevitabili condizionamenti, motivo per cui la decadenza della sua vita monastica fu inesorabile, anche se lenta. Tale declino si concluse con la soppressione napoleonica del 1810 e di lí a poco quella italiana del 1866. Tornata sotto la gestione dei monaci camaldolesi nel 1935, oggi Fonte Avellana ha ritrovato il suo antico splendore, sia spirituale che architettonico.
Il Monastero oggi è un grande ed imponente edificio, composto da un ampio piazzale. Da questo si accede alla chiesa la cui pianta ha la forma di una croce latina coperta da volte a botte a sesto acuto, con presbiterio sopraelevato sulla già esistente chiesa, divenuta cripta. L’altare maggiore è sovrastato da un imponente crocifisso ligneo risalente al 1567. La chiesa, edificata dal 1171, fu elevata a Basilica minore nel 1982 da Papa Giovanni Paolo II. In origine, al suo interno non vi era il coro. Furono i monaci camaldolesi a farlo costruire successivamente. Questa è la parte più antica del complesso architettonico insieme al chiostro e allo scriptorium, risalente al XII secolo.
A rendere così magico questo luogo è la compresenza di passato, rappresentato dalla secolare storia di cui sopra, ed un luminoso presente: la struttura rappresenta infatti non solo un rifugio spirituale ma anche un luogo privilegiato per la meditazione o per convegni. Tante le proposte che vengono oggi offerte ai visitatori: oltre a prendere parte alle celebrazioni religiose, la struttura offre visite guidate che comprendono l’accesso alla storica biblioteca ma anche al giardino botanico del monastero, da sempre riservato ai monaci, che è aperto al pubblico solo dal 2007.
Proprio grazie all’orto botanico e alla tradizione dell’hortus sanitatis dove venivano coltivate le piante medicinali, sotto la direzione del monachus infirmarius, un monaco con specifiche funzioni sanitarie, oggi viene portata avanti la tradizione monastica medievale dello studio delle erbe: la struttura è dotata di una prestigiosa farmacia aperta al pubblico dove sono prodotti medicinali rari e figli di una tradizione millenaria.
Spiritualità, meditazione ma anche convegni. Con l’emergenza covid-19 oramai alle spalle tornano anche gli incontri ospitati all’eremo: a giugno sarà la volta di un seminario clinico dal titolo “La relazione terapeutica nella pandemia” a cura di Matteo De Simone, psicanalista didatta, vicepresidente A.i.Psi. A luglio sarà ospitata una kermesse di poesia dal titolo “L’albero”, ma anche un corso di Canto gregoriano. Il ricco calendario di appuntamenti proseguirà poi per tutta l’estate tra lezioni di esegesi biblica, filosofia, disegno ed erboristeria.