PESARO – Ogni museo ha un patrimonio di opere “mai” o “poco” viste. Un “capitale” conservato nei depositi – o “riserve” che dir si voglia – che attende solo di essere valorizzato e che da tempo è al centro di una delle più importanti mission delle dirigenze dei più importanti musei italiani.
A Urbino le stanze del cosiddetto Appartamento degli Ospiti, al piano terreno del Palazzo Ducale, accolgono dal 5 ottobre la mostra “L’altra collezione. Storie e opere dai depositi della Galleria Nazionale delle Marche“. L’iniziativa è volta a presentare al grande pubblico la realtà dei depositi museali dell’istituto urbinate e, più in generale, a proporre una riflessione su una funzione, spesso misconosciuta o travisata, dei musei, che è appunto quella di deposito di opere e oggetti d’interesse storico-artistico.
Curata dal Direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Luigi Gallo, e da Valentina Catalucci e Andrea Bernardini, fino al 5 maggio 2024 la mostra proporrà al pubblico la selezione di 60 opere, che in qualche caso si riveleranno delle vere e proprie “epifanie d’arte”.
«Che si tratti di luoghi di ricovero emergenziali o di ambienti per lo stoccaggio di opere non presentate nelle sale espositive – afferma il Direttore Gallo – i depositi sono uno strumento essenziale per la vita di un museo. La questione della loro messa a norma e fruibilità ha trovato negli anni risposte diverse, declinate da istituzioni in cui spesso l’esposizione permanente rappresenta solo una piccola porzione di una riserva invisibile. Molti esempi virtuosi hanno caratterizzato la museografia contemporanea, spaziando dalle esperienze di open storage alle esposizioni temporanee che hanno vieppiù catalizzato l’attenzione sul patrimonio sommerso. Ripensare i depositi e più in generale la sicurezza dei musei significa offrire una voce sempre aggiornata al nostro patrimonio architettonico, archeologico, storico-artistico, archivistico e librario, fatto di stratificazioni di simboli e valori che ratificano il suo valore identitario, per trasmetterlo intatto alle prossime generazioni. Il fine ultimo del nostro lavoro è rispondere alle possibili avversità, contribuendo, ognuno come può, a tramettere al futuro la nostra immensa ma fragile eredità culturale».
Nell’allestimento curato da Marco di Nallo che – tramite l’uso delle griglie metalliche – evoca le strutture proprie dei depositi museali, l’esposizione è organizzata per nuclei tematici che vedono dedicare, per esempio, una sezione alle grandi pale, un’altra ai ritratti o ai paesaggi, e così via. Temi e formati diversi si confronteranno nelle opere – tra gli altri – di Antonio Cimatori, Francesco Mancini, Giovanni Andrea Lazzarini, Pier Leone Ghezzi, Alessandro Gallucci, Vincenzo Nini, Domenico Rosselli, Simone Cantarini, Giovan Francesco Guerrieri, Francesco Podesti, Adolfo De Carolis. Tra le opere esposte, alcune provengono da quelle lasciate in deposito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e che non hanno trovato posto assieme alle altre nelle nuove sale del secondo piano piano aperte tra aprile e luglio 2022.
«A partire dall’inizio degli anni 2000 – aggiunge Valentina Catalucci, co-curatrice della mostra – si è notevolmente intensificato il dibattito critico sulle realtà museali dei depositi, intesi come “risorse invisibili” del percorso museale e degli spazi espositivi aperti al pubblico, che contengono beni non utilizzabili in un momento specifico dell’allestimento museale, ma disponibili per allestimenti futuri, esposizioni temporanee, laboratori e programmi educativi. Oggi, quindi, si deve ripensare proprio la centralità dei depositi nel ruolo dei musei, per permettere una maggiore ‘democratizzazione’ di accesso alle opere in essi conservate, ovvero come una struttura ‘di comunicazione che include il pubblico, fornendo degli strumenti culturali che favoriscano il dialogo’, portando così a un maggiore compimento della missione principale dell’istituzione museale, ossia la diffusione della conoscenza».
«La conoscenza di un museo non può dirsi completa – ha detto Andrea Bernardini, co-curatore dell’esposizione – se, insieme alle opere esposte, non si conoscono le storie degli oggetti conservati nei depositi. I motivi della loro esclusione non sono sempre da imputare a una mancata attrattiva estetica. C’è anche la possibilità, non rara, che interi secoli d’arte vengano lasciati in deposito per mancanza di ambienti espositivi. In questa casistica è rientrata in passato anche la Galleria Nazionale delle Marche, che vi ha posto rimedio inaugurando, il 14 luglio 2022, le nuove sale del secondo piano del museo, dedicate ai secoli più recenti e – in particolare – con un focus sul Settecento e la figura di papa Albani».
Giovedì 5 ottobre, inoltre, è stata inaugurata a Palazzo Ducale la Biblioteca “Pasquale Rotondi” della Galleria Nazionale delle Marche. Si tratta di una biblioteca specializzata, costituita da circa 20mila volumi (tra monografie e riviste scientifiche) a carattere storico artistico, oggi punto di riferimento per lo studio del Palazzo Ducale e di tutta la storia dell’arte con particolare riferimento al territorio marchigiano.
Il catalogo bibliografico della Biblioteca sarà integralmente consultabile on line nel Sistema Bibliotecario Nazionale (Opac-Sbn) https://opac.sbn.it/ a cui l’istituto aderisce attraverso il Polo BibliomarcheNord (https://bibliomarchenord.it/).