PESARO – Nuovo ospedale, le critiche della maggioranza consiliare del Comune di Pesaro.
«Potrebbe essere nel complesso un buon progetto, se non balzassero agli occhi i forti dubbi sulla realizzazione del Nuovo Ospedale di Pesaro presentato dal Presidente Acquaroli e che si avvia a divenire realtà; come già anticipato dal Sindaco Biancani, non c’è certezza sul superamento dei pareri ministeriali del progetto del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e se sia stato verificato a fondo che l’atto aziendale proposto dalla Regione sia perfettamente adattabile alla nuova riorganizzazione del nosocomio pesarese. La gara per gli appalti delle demolizioni delle palazzine esistenti e quella per la nuova costruzione hanno davvero un percorso così delineato e certo, come ci è stato annunciato dal Presidente Acquaroli? La prossima estate ha promesso che arriveranno le ruspe a demolire tutte le strutture dell’attuale sito ospedaliero di Muraglia, ad eccezione della “Solazzi”, senza ancora aver sul tavolo un progetto esecutivo, che dovrà poi esser anche sottoposto al parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, quindi ancora senza certezza di approvazione».
I consiglieri continuano: «Ci chiediamo come può fare dichiarazioni alla stampa e alla città di Pesaro tutta, che potrá rispettare il cronoprogramma dopo aver disatteso tutte le date stabilite dall’accordo sottoscritto col nostro Comune? I dubbi del Sindaco e della maggioranza sulle dichiarazioni del Presidente Acquaroli si accentuano soprattutto in vista della sfida elettorale dell’autunno prossimo che si frappone proprio sull’iter che dovrebbe trasformare quello che oggi è solo il rendering e un bel filmato del Nuovo Ospedale di Pesaro, bello sí, ma un rendering resta, e l’effettiva costruzione che vedremo a compimento non prima del 2032. Non ci tranquillizza l’idea che le ruspe segnino simbolicamente la posa della “prima pietra” perché così non sarà, le pietre verranno innanzitutto eliminate in quanto si procederà anche con la demolizione della palazzina “Tomasello” abbattendo definitivamente anche i sogni e le speranze delle famiglie che stanno già assistendo allo sfratto dei propri cari assistiti dal centro di salute mentale, catapultati all’Apsella, fuori della nostra città, lontani da un centro abitato e di comunità sociale che fino ad oggi dava loro certezze e sicurezza di cura».
Biancani si era fatto paladino dei malati del centro di salute mentale affinché si valutasse la possibilità di trasferirli in una struttura pesarese di vicinato, tipo Casa Roverella, fondamentale per il percorso di cura e di riabilitazione.
«Così non è stato, non c’è stata la volontà da parte della Regione di valutare le soluzioni alternative proposte, optando frettolosamente per la sede dell’Apsella, nuova e consona per una RSA, ma assolutamente inadatta per chi soffre di disturbi e patologie legate alla salute mentale. Alle rimostranze delle famiglie si è unito poi il grido di rassegnata disperazione di alcuni degli operatori di assistenza sanitaria del centro di salute mentale, che hanno voluto mantenere l’anonimato ma che si vedranno depauperati del loro prezioso incarico, dopo tanti anni di devozione, ma soprattutto perderanno il contatto coi loro pazienti con i quali hanno condiviso percorsi di cure personalizzate e di rapporti stretti venutisi a creare anche con i familiari delle persone che tutt’oggi hanno in cura. Tutto sarà cancellato dai colpi di quelle ruspe, e dopo aver visto riporre gli effetti personali dei pazienti negli “scatoloni” come è stato richiesto loro, per esser trasferiti nella struttura fuori Pesaro, assisteremo al destino degli operatori sanitari rimanere incerto sulla ricollocazione lavorativa; i pazienti trasferiti non potranno più esser seguiti dai loro affezionati infermieri e medici che fino ad oggi sono stati certezza in quanto saranno sostituiti e seguiti da un nuovo corpo sanitario gestito tutto dalle cooperative sociali. Una Regione ancora una volta sorda che non ha saputo trovare alternative per far rimanere a Pesaro i cento posti letto di cui la città ne ha diritto. Non abbasseremo la guardia, non resteremo inermi perché ora tocca a noi fare opposizione, per tornare ad ottenere quei percorsi di cura eccellenti che ci hanno sempre qualificato e contraddistinto e che oggi vediamo smantellare sotto i nostri occhi».