Pesaro

Oltre 30mila ettari coltivati a biologico e 1800 arnie: Pesaro è la provincia più green delle Marche

È quanto emerge dall'indagine Coldiretti su dati Bio Bank. «Oltre 1000 aziende agricole bio, questo è valorizzare le eccellenze»

Un'arnia

PESARO – Oltre 30mila ettari coltivati a biologico e un utilizzo di fitosanitari diminuito di oltre il 60% negli ultimi 10 anni. È una provincia sempre più green quella di Pesaro Urbino. È quanto emerge dagli studi Coldiretti che tramite il direttore Claudio Calevi, fa sapere che Pesaro è «la provincia che risulta la più biologica delle Marche e terza d’Italia (per numeri di attività commerciali in media rispetto alla popolazione, dati Bio Bank) e con oltre un migliaio di aziende agricole che hanno abbracciato questo sistema di coltivazione. Cibo genuino e certificato sempre più ricercato dai consumatori, a giudicare dai 3,3 miliardi di euro di consumi, secondo Coldiretti su dati Ismea, nel 2020».

«Un’opportunità per gli agricoltori di valorizzare le loro produzioni già di alta qualità e, allo stesso tempo, di avere cura dell’ambiente – commenta il presidente di Coldiretti PU, Tommaso Di Sante -. Il biologico non è un ritorno all’agricoltura del passato, così com’era praticata dai nostri bisnonni. In realtà niente potrebbe essere più lontano dalla realtà. La moderna produzione di alimenti biologici rappresenta infatti un settore dinamico, diversificato in evoluzione con una visione olistica». 

Non è un caso se proprio nel pesarese sia in aumento il numero degli apicoltori. Negli ultimi 5 anni le attività sono aumentate del 58%. In tutta la provincia ci sono circa 1800 arnie (1 su 5 biologica) più che raddoppiate nello stesso periodo. «Le api, con la loro attività e la loro salute, rappresentano un vero e proprio termometro biologico: il primo testimonial della qualità dell’ambiente. Qualità che è certezza anche di avere, orientando la scelta alimentare su prodotti del posto, la sicurezza di portare in tavola cibo senza residui chimici come invece avviene spesso con ciò che arriva dall’estero.

Nel corso del 2020 solo nelle Marche sono stati gestiti quasi due allarmi alimentari alla settimana. Ben 90 notifiche del Sistema di allerta rapido per gli alimenti e per i mangimi a livello europeo,  più di una su cinque di origine chimica. Nella “lista degli orrori” stilata da Coldiretti a fine 2020 erano finiti campioni di peperoncini dalla Repubblica Dominicana e dall’India, bacche di Goji dalla Cina e Riso dal Pakistan irregolari per la presenza di residui chimici. Prodotti come i melograni dalla Turchia, tè dalla Cina, fagioli secchi dal Brasili, olive dall’Egitto o frutta esotica. Paesi che hanno regole meno stringenti delle nostre sull’utilizzo di fertilizzanti chimici e diserbanti».