Pesaro

Omicidio Bruzzese, la Procura: «Erano pronti a colpire altri pentiti»

Ecco chi sono i quattro fermati accusati del delitto del Natale 2018 a Pesaro. Il movente della vendetta e un arsenale da guerra per altri attentati

La procuratrice Monica Garulli con i pm Paolo Gubinelli e Daniele Paci e i vertici Ros

ANCONA – Una vendetta trasversale nell’interesse della cosca calabrese “Crea” per la decisione collaborativa assunta da Girolamo Biagio Bruzzese nel 2003 e i segnali che gli indiziati erano pronti a colpire altri pentiti utilizzando armi da guerra. Eccoli movente e tempestività dei fermi conclusi dai carabinieri del Ros all’alba di oggi, 4 ottobre.

IL MOVENTE

La vendetta è stato il movente per l’omicidio di Marcello Bruzzese commesso a Pesaro la notte del Natale 2018, fratello del pentito Biagio, a cui sono arrivati i militari prima di far partire i 4 fermi che hanno portato ad agire a stretto contatto le Procure distrettuali antimafia di Ancona e Reggio Calabria. Tre quelli disposti da Ancona che hanno riguardato due esecutori materiali e un terzo concorrente, loro aiutante nella fase di pianificazione del delitto. Si tratta di Michelangelo Tripodi, 43 anni, e Francesco Candiloro, 42, ritenuti gli autori materiali, quelli che avrebbero ucciso Bruzzese sparandogli sotto casa venti colpi di pistola, e Rocco Versace, 54 anni, loro complice. Una indagine durata tre anni, partita dal giorno del delitto del parente del collaboratore appartenente alla ‘ndrina Crea di Rizziconi, un comune compreso nella piana di Gioia Tauro, da cui si era dissociato dal 2003, per essere poi inserito nel programma di protezione. 

Il generale Pasquale Angelosanto, comandante nazionale del Ros, e la procuratrice Monica Garulli

Le elaborazioni investigative hanno preso il via dai filmati delle telecamere della città di Pesaro dove erano stati ripresi due uomini, con volto travisato, ritratti nel centro in prossimità della casa della vittima. Giravano a piedi e in auto, il giorno dell’omicidio e anche in quelli precedenti. «Una lunga pianificazione – ha spiegato la procuratrice capo Monica Garulli nella conferenza stampa di questa mattina – . Le stesse persone sono state immortalate anche a bordo di due auto le cui targhe però erano state clonate». I sopralluoghi nei luoghi di residenza della vittima e dei suoi parenti sarebbero iniziati a novembre, tutti per colpire il fratello del collaboratore. Stando alla Procura distrettuale antimafia di Ancona i soggetti raggiunti dal fermo (un quarto è stato emesso da Reggio Calabria, si tratta di Vincenzo Larosa, 49 anni, ritenuto uomo di fiducia del boss Teodoro Crea, e poi di Domenico Crea, che avrebbe detenuto armi da guerra quali un bazooka per commettere attentati contro soggetti che la cosca riteneva essere i responsabili delle condanne emesse dai giudici d’appello nel dicembre 2020), avevano dato vita ad una giovane cosca in quanto i vertici Crea erano tutti in carcere. «Volevano riaffermare la capacità intimidatoria della cosca madre – ha aggiunto la Garulli – in territorio lontano e a distanza di tempo. Un omicidio di gravità inaudita che ha scosso la comunità per valenza intimidatoria finalizzata a destabilizzare la giustizia e i collaboratori». Dopo aver emesso i fermi, i tre eseguiti da Ancona sono stati portati nelle carceri di Vibo Valentia, Reggio Calabria e Brescia. 

I reati contestati a vario titolo sono partecipazione ad associazione di tipo mafioso, omicidio, porto e detenzione illegale di armi, con l’aggravante di aver commesso i fatti al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso. I fermi dovranno essere convalidati dal gip nelle prossime ore.

Il pm Daniele Paci e Paolo Gubinelli

L’URGENZA

Intervenire con i provvedimenti di fermo è stato dovuto «per l’acquisizione di elementi investigativi arrivati anche dall’estero che evocavano uno scenario grave – ha sottolineato la Garulli -. Due dei fermati erano pronti a commettere altri episodi delittuosi con la disponibilità di armi da guerra inquietanti. Stavano pianificando un altro delitto di un altro testimone di giustizia che aveva reso testimonianze». 

GLI ALTRI OBIETTIVI

Prima dell’omicidio gli indiziati avevano condotto minuziosi e ripetuti sopralluoghi per studiare le abitudini della vittima, servendosi, in queste circostanze, di documenti falsi e di una serie di accorgimenti utili a impedire la propria identificazione. I Ros hanno accertato che gli stessi avevano esteso le attività di sopralluogo e monitoraggio anche ai fratelli di Marcello Bruzzese, residenti in altre e diverse località protette. Avevano cercato di contattarli sul web attraverso fittizi account.