Pesaro

Personale sanitario, Anaao Marche scrive all’Asur: «Mancano 46 medici e sanitari all’ospedale di Urbino»

Il coordinatore del sindacato Alfredo Rossini scrive all'Asur regionale: «Si tenga contro nel piano triennale del personale. Situazione non più sostenibile»

Ospedale di Urbino

URBINO – Sarebbero 46 le figure mancanti tra dirigenti medici e sanitari: questa la denuncia di Anaao Assomed Marche rispetto all’ospedale di Urbino. Il sindacato di medici e dirigenti ospedalieri ha fatto i conti e ha mandato una lettera all’Asur Marche esplicitando le carenze di risorse umane delle quali tenere conto al momento della redazione del Piano Triennale dei Fabbisogni di Personale 2020 – 2022

«La situazione all’ospedale di Urbino – spiega Alfredo Rossini, Coordinatore Anaao Assomed per l’Area Vasta 1 – si è aggravata a seguito della pandemia da Covid-19, ma derivava già da una cronica, sproporzionata e non più sostenibile carenza di risorse umane, che ha portato il nosocomio ducale alla recente ribalta mediatica».

Secondo il sindacato le carenze, se colmate, renderebbero virtuose le piante organiche di personale del presidio ospedaliero di Urbino e permetterebbero allo stesso di lavorare bene ed in sicurezza per poter erogare prestazioni sanitarie efficaci e rapide alla popolazione.

«Sicuramente sono numeri importanti quelli con cui ci dobbiamo confrontare – insiste Rossini – e il deficit di medici e dirigenti sanitari di alcune strutture operative come Laboratorio Analisi, Ostetricia e Ginecologia, Pronto Soccorso, Radiologia, Ortopedia e Medicina è impressionante».

In particolare mancherebbero 7 figure in radiologia, 5 al laboratorio analisi, 7 in medicina lungodegenza, 6 in chirurgia/pronto soccorso, 4 in ortopedia.

Secondo la sigla sindacale prestare la propria opera professionale al servizio del cittadino in queste condizioni lavorative di carenza di personale aggiunge sicuramente significato all’appellativo di ‘eroi’ rivolto agli operatori del servizio sanitario pubblico durante la prima ondata della pandemia Covid, perché denota un’abnegazione ed una dedizione che contraddistingue solo chi ha fatto della propria passione il proprio lavoro; e perciò va tutelato.

«Uscire dalla pandemia – conclude Rossini – significa non più solo curare chi ha il Covid ma anche quei pazienti ordinari che soffrono di altre ma non certo meno gravi patologie. Bisogna prestare maggiore attenzione a quel bene comune che è il servizio sanitario e al suo personale in particolare con necessità immediata di assunzioni ad ampio spettro».