PESARO – Cassa integrazione, ma con l’incognita di vedere i soldi sul conto tra quanto? È un grido di allarme quello che lancia la Uilm.
«In questi giorni il sito Inps intasato da centinaia di accessi al secondo da parte degli aventi diritto ad un bonus di legge imprendibile è una immagine che rappresenta in maniera eloquente l’Italia di oggi, squarciata in due dalla profonda ferita del virus che sta portando a galla tutte le storture del nostro sistema Italia – spiega Laura Facondini della Uilm -. È un processo lento, difficile da intercettare anche in questo momento in cui la maggior parte di noi è costretto alla clausura, quello che ha portato diritti consolidati a chiamarsi oggi “bonus” o “premio” perché per averli occorre giocare una lunga partita che, come tutte le partite, ha il risultato incerto e si è costretti ad affidarsi alla fortuna o, male che vada, a qualche scorrettezza nei confronti degli avversari per avere qualche probabilità in più di vincere.
In questo quadro, ci chiediamo quale potrà essere la ripresa, preoccupati anche dal fatto che molte aziende, che prima dell’emergenza si consideravano sane, oggi dichiarano, dopo solo una settimana di “lockdown”, di non poter anticipare la cassa integrazione ai loro dipendenti, gettandoli in pasto alle tempistiche Inps non ben definite o alla macchinosa burocrazia del sistema bancario. Una doccia fredda che abbassa ulteriormente il potere di acquisto delle famiglie italiane, che andrà a colpire a sua volta le attività commerciali e a cascata le aziende, creando un circolo vizioso che, insieme ai mancati investimenti in sicurezza, ci fa tornare in mente una espressione latina che usiamo spesso in questi casi: Cui prodest? A chi giova tutto questo?».
Una situazione che sta portando preoccupazione in tante famiglie che hanno a che fare con mutui, affitti e spese e che rischiano di diventare morosi incolpevolmente senza entrate.
Altra questione quella delle aziende che hanno richiesto la deroga per lavorare: «Il nostro sistema si basa su una giungla di leggi, dove anche i decreti urgenti e necessari dettati dal Covid 19 sono scritti con parole difficili su centinaia di pagine complicate da portare a termine, e forse è per questo che in Italia vige la legge non scritta che si può definire “la legge del più furbo”. È il caso anche della provincia di Pesaro, dove in barba ai decreti, ogni giorno decine di aziende del territorio di produzioni non essenziali stanno chiedendo una deroga al Prefetto per poter continuare a lavorare, puntando sul “silenzio assenso” delle istituzioni e magari sperando, essendo in tanti, di non essere sottoposti a controlli; ad oggi sono state segnalate al Prefetto, che ha il compito di vigilare sulle richieste di deroga, circa 70/80 aziende appartenenti esclusivamente al comparto della metalmeccanica. Nell’estremo sforzo di essere, o sembrare, essenziale almeno agli occhi delle istituzioni, a nostro avviso le aziende rischiano di perdere una grande occasione, e cioè quella per cui il sindacato si sta battendo da anni: mettersi in regola con le norme di sicurezza imparando dagli errori del passato, non solo quelle scritte sul Protocollo anti Covid, ma iniziare ad investire in salute e sicurezza per la quotidiana tutela di tutti».