PESARO – Bollette, rincari, assenza di personale. Una combo di ingredienti che rischiano di far saltare le piccole imprese. Ristoratori, commercianti e negozi sono alle prese con una tempesta perfetta. Davide Ippaso, segretario Confcommercio Pesaro ammette: «L’assenza di personale è una situazione che si protrae da questa estate, ma ora iniziamo a vedere locali che fanno fatica ad aprire perché mancano camerieri, baristi. Ci sono tante concause come stipendi non sempre adeguati al costo della vita. In questo senso l’effetto assistenzialista dello Stato ha inciso molto. Parliamoci chiaro, abbiamo visto persone chiedere di lavorare in nero per non perdere il reddito di cittadinanza».
Per Ippaso anche «i tirocini, i corsi formativi o gli stage non sono così appetibili. Non creano le condizioni di innamorarsi della professione. E da ultimo c’è anche chi preferisce non lavorare. L’Italia sta collassando e anche a Pesaro la situazione è delicata. L’estate è andata bene, ma non si chiudono i bilanci in tre mesi. I debiti attinti con la pandemia vanno ripagati, le bollette sono triplicate, i fornitori hanno aumentato i prezzi. Il profitto è risicato e il rischio è grande».
Un aumento di costi che a volte «si scarica sul personale, sul numero di aperture. Abbiamo già esempi di ristoranti aperti solo nei giorni in cui si possono riempire i coperti, ovvero il weekend. Con l’autunno e le bollette del gas temiamo ci possano essere chiusure in tutta la provincia anche in relazione ai consumi che calano».
Ma quanto paga un bar per una boletta? Alessandro Ligurgo, referente per la Confesercenti porta l’esempio di un suo associato. «Molti dei nostri hanno aderito a un nostro consorzio con prezzo bloccato. Ma la convenzione è in scadenza e siamo davvero preoccupati. Abbiamo l’esempio di un bar che pagava 1000 euro per l’elettricità e si è visto arrivare in agosto quasi 5000 euro. È chiaro che così i margini diventano minimi e se non ci saranno interventi per molti non varrà la pena alzare la serranda. Altra batosta arriverà con il gas, gli interrogativi sono tanti».
Così come quelli sul personale. «Una volta c’era la fila di persone che chiedevano un lavoro. Ora è tutto complicato, c’è chi preferisce fare la stagione estiva e godere della Naspi in autunno inverno. E chi non vuole perdere il reddito di cittadinanza. Serve una politica del lavoro diversa, con contratti migliorativi e una riduzione del costo lavoro per aziende. Un allarme generalizzato perché molti associati, pur applicando i contratti più rappresentativi e regolari, non trovano persone disposte a lavorare».
Concetto ribadito recentemente anche da Amerigo Varotti, direttore Confcommercio Marche Nord. «Bisogna dare validità ai contratti nazionali stipulati dalle associazioni e sindacati più rappresentativi così da superare il tema del salario minimo e della disaffezione dei giovani che non hanno convenienza a lavorare con stipendi bassi».