PESARO URBINO – «Tra Pesaro e Urbino l’Italia più bella. E buona». Basterebbe già questo incipit per descrivere le ricchezze di questa porzione di Marche che vengono sempre più spesso celebrate dalla stampa nazionale: a cantare le sue lodi è stato il Tgcom24 che la descritto quel fazzoletto di terra che separa Urbino da Pesaro come «un discreto quanto elegante ed esaustivo compendio delle bellezze d’Italia».
In particolare Pesaro viene descritta come «città che guarda al futuro, forte di un importante passato, di cui resta testimonianza nelle sue antiche origini romane, nelle tracce lasciate dalla dominazione delle famiglie Sforza, Della Rovere e Malatesta».
Mentre per quello che riguarda Urbino: «Merita da sola una visita: le piazze del centro storico, i palazzi signorili, i punti panoramici, la città antica circondata dalle mura e dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, le facoltà universitarie. Da non perdere una visita a Palazzo Ducale, al Monastero di Santa Chiara e a Piazza San Francesco. E – per appagare il gusto – da non perdere un assaggio della casciotta d’Urbino, formaggio d’antiche origini dal dolce sapore».
Insomma, una volta di più, le due città vengono raccomandate come «meta irrinunciabile per chi ama sposare arte e cultura con sapori d’eccellenza» e meta ideale per «un piacevole week-end giocato fra mare e modernità, da una parte, e storia e natura dall’altra».
A testimoniare l’appeal della provincia pesarese un altro interessante articolo sui Bronzi di Pergola, uscito nei giorni scorsi sulla sezione online de La Repubblica dove l’approfondimento di Francesco Bei indaga sulla storia di questi iconici manufatti e di come rischiarono nel corso dei secoli di essere distrutti o ancora di come altre città o le stessi istituzioni, vista l’importanza delle statue, cercarono di “scipparle” (senza riuscirci) dalla loro attuale sede. «Ma chiunque fossero i due cavalieri e le due matrone, agli abitanti di Pergola apparve subito chiaro che l’obiettivo dello Stato era sottrarli alla piccola cittadina marchigiana e destinarli a un luogo più importante. Roma o magari Ancona, dove ha sede il Museo Archeologico nazionale delle Marche. Ai pergolesi sembrò un affronto inaccettabile. Quando nel 1989, dopo anni di restauri certosini, la soprintendente archeologica delle Marche, accompagnata dai carabinieri, si presentò a Pergola per prelevare le sculture, l’intera cittadina insorse e si schierò a cordone intorno all’ex convento di San Giacomo. Da lì in poi iniziarono le ronde, di notte e di giorno. Il presidio dei pergolesi contro lo “scippo” era fisso. Siccome siamo il Paese di Don Camillo e Peppone, l’onorevole Rubinacci del Msi e il senatore del Pci Tornati, si misero insieme un pomeriggio con cazzuola, mattoni e cemento per sbarrare fisicamente il portone d’ingresso del museo cittadino. Nessuno avrebbe rubato a Pergola il suo tesoro. Tanto fecero gli indomiti pergolesi che, alla fine, lo Stato italiano capitolò. Nel 1993 il ministro dei beni Culturali, Alberto Ronchey, assegnò per sempre con decreto il monumento equestre a Pergola. La battaglia era vinta».