PESARO – Lavori pubblici, un motore dell’economia per immettere denaro nel tessuto imprenditoriale. La velocità è fondamentale, ma senza trascurare il filtro rispetto a chi vince gli appalti.
Di questo si è discusso alla tavola rotonda promossa da Cgil, Fondazione Di Vittorio e Sindacato dei pensionati. All’iniziativa sono intervenuti il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli e il presidente della Fondazione Di Vittorio Fulvio Fammoni.
«Velocità e semplificazione diventeranno sempre più questioni centrali. Se non uscirà da questa situazione un Paese più semplice e veloce, il rischio è che vinca la deregulation». Ha commentato sindaco di Pesaro e presidente Ali (Autonomie Locali Italiane) Matteo Ricci. «Gran parte dei lavori pubblici vengono fatti dagli enti locali», ha osservato Ricci. «Ma con il codice degli appalti attuale rischiamo di mettere in moto i cantieri nei prossimi due anni, mentre abbiamo bisogno di farli partire nei prossimi due mesi. Ho visto un’anteprima del Decreto semplificazioni: da amministratore dico ‘magari si andasse avanti in quella direzione’. Perché così saremo finalmente in grado di spendere velocemente le risorse. Facendo dei lavori pubblici un elemento di traino della ripresa: parlo di scuole, manutenzioni stradali, ciclabili, arredo urbano».
Se non arriveranno velocemente a famiglie, lavoratori e imprese «le tante risorse stanziate dal livello nazionale e i fondi europei, avremo un autunno caratterizzato da rabbia sociale e scontro tra ultimi e penultimi», ha aggiunto il sindaco. Osservando che «c’è bisogno di velocità anche per gli enti locali, garanti di una parte fondamentale del welfare nel territorio. Comuni e Province hanno ottenuto 3,5 miliardi nel decreto rilancio. L’impegno del governo è importante: siamo in attesa degli altri tre miliardi con un atto concreto legato allo scostamento di bilancio nel mese di luglio. Altrimenti tanti Comuni italiani non riusciranno a fare i bilanci e nella fase di resistenza non potranno reggere. Gli enti locali hanno visto lo stesso calo di entrate delle famiglie e delle imprese».
Ora più che mai «è fondamentale investire nella sanità territoriale e spingere sulla integrazione socio-sanitaria. Nella pandemia si è riscoperto giustamente il valore della sanità pubblica. Non possiamo rinunciare alle risorse del Mes che servono per fare diventare la nostra sanità sempre più moderna ed efficace sui territori».
Infine: «È necessario ragionare sul tema della riorganizzazione del territorio legata allo spazio, come sul riequilibrio del modello di sviluppo tra grandi città e aree interne. Serve una nuova riflessione urbanistica, sociale e istituzionale. Se la legislatura deve arrivare alla fine, dobbiamo rimettere mano alla riorganizzazione». Tradotto: «Comuni che lavorino in tutta Italia per bacini omogenei, riordino delle Province come luogo di semplificazione e ‘Casa dei Comuni’». E sulle Regioni: «Non sono a favore di un nuovo centralismo nazionale, né di un neocentralismo regionale. Ma in Italia abbiamo Regioni troppo piccole: devono gestire la sanità, fare le leggi e la programmazione. Anche le Regioni hanno bisogno di una riforma generale».