PESARO-URBINO – Quale sanità per la provincia di Pesaro Urbino? A domandarselo, dopo le scelte della Regione Marche, sono l’On. Pietro Gasperoni, ex Deputato del Collegio Fano – Fossombrone e Cesare Carnaroli, ex Sindaco di Fano, che considerano di fatto «il nuovo ospedale di Muraglia un compromesso al ribasso tra Comune di Pesaro e Regione che rischia di condannare la sanità provinciale alla marginalità a totale discapito della salute dei cittadini».
«Le recenti decisioni, del tutto legittime per una maggioranza che ha vinto le elezioni, sulla sanità di questa Provincia e con la pandemia in corso che obbliga chiunque ad una necessaria revisione dell’organizzazione sanitaria in favore della territorialità, ci inducono ad alcune riflessioni e conseguenti domande ai diretti responsabili politici del servizio sanitario regionale. Dopo molti anni di discussioni inconcludenti sulla riorganizzazione sanitaria in generale, e ospedaliera in particolare, della Provincia di Pesaro e Urbino, siamo giunti all’epilogo con decisioni che dovrebbero far riflettere un attimo prima di prendere una strada senza via di ritorno. Non basta che i principali interlocutori Regione Marche e Comune di Pesaro siano d’accordo per avere la certezza che tutto vada bene».
I due ex esponenti politici hanno svariati dubbi sulla bontà della scelta della realizzazione della nuova struttura a Muraglia che definiscono «un compromesso al ribasso tra Comune e Regione per dimostrare che nessuno dei due ha perso in questa sfida ventennale. Quando appare del tutto evidente che in queste decisioni ciò che manca è la questione più importante ovvero se alla fin fine la salute dei cittadini di Pesaro e intera provincia, ci guadagnerà o meno. Il progetto doveva incentrarsi su un ospedale nuovo da realizzarsi sulla costa in sostituzione degli attuali ospedali di Pesaro e Fano, sul rafforzamento dell’ospedale di Urbino e su una diffusa rete territoriale di strutture sanitarie, tra cui qualificati punti di pronta emergenza, case della salute e alcune strutture sanitarie capaci di far fronte soprattutto ai bisogni della popolazione più anziana. Inoltre la pandemia in corso ci dice con chiarezza quanto sia decisiva la presenza di presidi sanitari nel territorio».
Gasperoni e Carnaroli entrano poi nel cuore della questione distillandola in due grandi quesiti: «Ebbene, questa è la prima domanda: avendo messo tutto in discussione, in primis la realizzazione di un nuovo ospedale al servizio soprattutto delle due città, moderno e tecnologicamente avanzato, siamo sicuri che sia una scelta giusta per la salute dei cittadini di tutta la provincia oltre che di Pesaro e Fano? Così facendo non si cancella il duplice obiettivo che stava alla base di quel progetto: primo, superare due vecchie strutture ospedaliere per realizzarne una moderna, non elefantiaca, ma con reparti altamente specializzati e personale medico e paramedico di eccellenza, in grado di soddisfare i bisogni dei tanti cittadini che oggi sono spesso costretti a ricorrere agli ospedali della vicina Emilia-Romagna? Secondo, dove si troveranno quelle risorse umane e finanziarie necessarie, da poter reinvestire nelle strutture sanitarie territoriali e dare le giuste risposte ai bisogni dei cittadini dell’entroterra? La nuova struttura non avrebbe superato inutili doppioni e i relativi aggravi di costo? I due ospedali (nuovo per Pesaro e l’attuale per Fano) non subiranno forse un progressivo impoverimento di punti di eccellenza rappresentati anche da medici dai curricula importanti, che troveranno poco attrattivi i due piccoli ospedali di Pesaro e Fano? E allora viene da chiedersi: – perché è naufragato il progetto di un ospedale nuovo in questo territorio che poteva rappresentare lo sbocco naturale dell’esperienza Marche Nord? – di chi sono le responsabilità di aver fatto saltare la decisione unanime che era stata assunta circa otto anni fa dai consigli comunali di Pesaro, di Fano e dall’Amministrazione provinciale, con il consenso della Regione, di costruire un nuovo ospedale a Fosso Sejore in sostituzione di quelli di Pesaro e Fano al posto dei quali sarebbero potuti sorgere due punti di pronta emergenza e di servizi sanitari territoriali?».
I due ex politici poi analizzano le motivazioni che hanno portato al naufragio di altre ipotesi: «Quella decisione aveva, per la verità, suscitato varie perplessità, quando non vere e proprie contrarietà, ma chi conosce la storia di Pesaro e Fano, sa o deve sapere, che la precondizione per realizzare qualcosa di importante insieme, al servizio delle due città, è che entrambe si sentano parimenti titolari evitando ogni reciproca, vera o apparente, mortificazione. Ecco perché Fosso Sejore era strategico e se lo si voleva mettere in discussione, andava individuata una soluzione alternativa analoga e condivisa, senza fughe in una o nell’altra direzione. Non è forse ora di prendere atto che la distanza di 12 Km tra le due città è una condizione fisica immodificabile per nulla paragonabile alla distanza che separa Ascoli Piceno/San Benedetto del Tronto o Macerata/Civitanova Marche e che sarebbe opportuno saldarle con una infrastruttura che colleghi centri urbani, zone industriali e di servizi? – E concludono: La scelta di oggi, voluta apparentemente da tutti, non segna forse un generale fallimento? Ci si può augurare almeno che nell’interesse dei cittadini di Pesaro, Fano e dell’intera Provincia, ci sia ancora un margine per riconsiderare questa conclusione?»