PESARO – Trenta lavoratori richiedenti asilo e le accuse di sfruttamento del lavoro. Maxi sequestro da mezzo milione di euro.
Nei giorni scorsi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Pesaro e Urbino hanno dato esecuzione, a decreto di sequestro preventivo di beni, nei confronti di imprenditore italiano residente in provincia, ritenuto responsabile del reato di intermediazione e sfruttamento del lavoro aggravato in concorso commesso nei confronti di una trentina di cittadini stranieri, taluni di questi richiedenti asilo politico. Il provvedimento, emesso dal GIP del Tribunale di Pesaro, su richiesta della locale Procura, trae origine da un’attività investigativa avviata e condotta, dalla fine dell’estate del 2021, dai militari del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Pesaro Urbino, a seguito di denunce sporte da taluni lavoratori, ovvero risultanze ispettive derivate da una serie di controlli effettuati presso l’azienda.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Pesaro, hanno consentito ai militari di individuare una impresa operante nel settore della panificazione, nel circondario fanese, che reclutava cittadini, prevalentemente stranieri, da impiegare come manodopera per lavorare presso il capannone, in regime di sfruttamento. Gli accertamenti condotti dai Carabinieri del NIL di Pesaro e Urbino attraverso complessi servizi di osservazione controllo e pedinamento, attività tecnica di videoripresa, oltre che controlli ispettivi e acquisizione di informazioni testimoniali rese da numerosi lavoratori, permettevano di far emergere le condotte delinquenziali dell’indagato il quale ha posto in essere una condotta di sfruttamento in danno di 33 lavoratori reclutati soprattutto tra cittadini extraue richiedenti asilo in stato di estrema vulnerabilità ed indigenza ai quali è stata negata retribuzione per un importo totale di 552.514,89 euro (trattasi di 4 guinea – 1 niger – 3 italia – 1 moldavia – 5 senegal – 6 nigeria – 1 cuba – 1 pakistan – 1 macedonia – 3 gambia – 7 mali).
È proprio reiterando la corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dai contratti collettivi nazionali o territoriali (€. 3,50/5,50 corrisposte a fronte delle €. 7.89/8,75 previste dal ccnl applicato), omettendo di osservare la normativa relativa agli orari di lavoro, ai periodi di riposo e al riposo settimanale, oltre che alle ferie (esecuzioni di turni anche di 54 ore settimanali ed anche con 12 ore di lavoro al giorno per 6 giorni alla settimana), violando la normativa in materia di sicurezza sul lavoro e sottoponendo i lavoratori a condizioni lavorative degradanti che l’imprenditore, in relazione a quanto emerso dall’attività investigativa, si approfittava dello stato di bisogno dei lavoratori che si trovavano in condizioni di vulnerabilità e bisogno dettate dalla loro necessità di rinnovare il permesso di soggiorno e dello stato di indigenza in cui versavano.
Un risparmio sui salari oltre che sui contributi dovuti, nonché gli investimenti in termini di sicurezza dell’azienda che avrebbe permesso all’indagato di incamerare circa 750 mila euro dal 2016, ma nei giorni della settimana scorsa, l’indagato si è visto presentare il conto dallo stesso GIP, il quale accogliendo la richiesta della Procura ha disposto il sequestro preventivo sui beni mobili ed immobili proprio per un importo di circa €. 750 mila, come detto, corrispondente all’equivalente per i profitti illeciti ricavati dallo sfruttamento dei lavoratori. I Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Pesaro ed Urbino (operante all’interno dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Pesaro), a seguito di minuziosi accertamenti patrimoniali condotti sugli indagati e disamina della documentazione di indagine in loro possesso, hanno messo i sigilli a proprietà immobiliari, conti correnti, veicoli intestati all’indagato ed alla società del valore di €. 550 mila.
Un caso piuttosto complesso frutto di oltre un anno di indagini che hanno portato complessivamente a controllare numero circa 50 posizioni lavorative di cui 6 in nero e ben 28 irregolari; l’indagine ispettiva, strettamente connessa con quella giudiziaria ha consentito di contestare alla società sanzioni amministrative per l’impiego di lavoratori in nero ed irregolari per un importo di €. 30 mila circa, accertando un imponibile contributivo per un importo di circa €. 600 mila, recuperando contribuzione sociale obbligatoria di circa €. 200 mila.
Un fenomeno quello dello sfruttamento del lavoro, lavoro nero e della prevenzione infortuni sul lavoro di assoluta attualità, posto che la mancata osservanza delle norme consegue una concorrenza sleale che “inquina” il tessuto economico, generando di conseguenza delle sacche di illegalità e consentendo l’applicazione di tariffe “fuori mercato”. Le operazioni, condotte dal comparto di specialità dell’Arma con la collaborazione dell’Arma Territoriale, costituiscono l’esito della raccolta e la successiva analisi di informazioni acquisite dall’Arma territoriale, su un fenomeno che viene esaminato da anni. Nella provincia pesarese l’attenzione rimane alta, come testimoniano i risultati ottenuti da parte dell’Arma dei Carabinieri con il suo comparto di specialità nel settore lavoro che hanno visto dal 2016 ben 16 persone arrestate (di cui due in flagranza di reato) o sottoposte a misure cautelari personali.