PESARO – Parco Miralfiore, le associazioni ambientaliste sostengono che non si può radere al suolo il verde per prevenire lo spaccio.
«Nessuno è contrario alla lotta contro lo spaccio, questo è una certezza. Ma abbiamo visto il primo massivo intervento effettuato prima del lockdown nel bosco a destra del viale d’accesso».
A dirlo le sigle Epcm sezione Pesaro-Urbino – Fiab-For.Bici – Italia Nostra Pesaro – La Lupus in Fabula – Legambiente Circolo Il Ragusello Pesaro – Lipu Pesaro – Movimento Sostenibilità Equità Solidarietà – WWF
«Per chi frequenta il parco la situazione non è migliorata; lo stazionamento degli spacciatori, comunque esiguo, rispetto ai fruitori del parco, e lo scambio merce/denaro sono andati avanti del tutto indisturbati. Vogliamo ribadire che si dice pulizia quando si elimina lo sporco e che mai, in nessun caso, la vegetazione si può considerare “sporco”. I boschi hanno alberi di ogni età e grandezza, le cui foglie intercettano la luce ad ogni altezza per fare la fotosintesi. Che è la cosa di cui il pianeta ha più bisogno: assorbimento di CO2 e funzione climatizzante».
I pusher si nascondono nella vegetazione e a loro volta creano imboschi per lo stupefacente. Arresti, ritrovamenti e denunce hanno fatto alzare l’attenzione sul tema.
Il bosco tagliato, questa funzione l’ha persa per l’80%. «Si intendono ora ridurre anche altre parti del parco a qualcosa di simile ad un giardino condominiale per il presunto contrasto allo spaccio. Obiettivo che condividiamo al cento per cento ma siamo certi che non sia sacrificando le funzioni sistemiche (soprattutto climatizzazione, con il comprovato abbassamento della temperatura in loco ed attorno di almeno 10 gradi) , emozionali ed esperienziali (camminare dentro un bosco è gradevole, abbassa la pressione sanguigna, rilassa), estetiche e paesaggistiche del parco, che questo obiettivo si raggiunge», spiegano le associazioni..
Durante l’incontro del 3 agosto, è stato preannunciato il taglio delle siepi che contornano il percorso sopraelevato. «Quelle siepi sono parte integrante del progetto approvato e realizzato dal Comune quando si fece il Parco. Sono elemento tanto funzionale – si cammina all’ombra – quanto paesaggistico. Se ogni siepe nasconde la visuale cosa facciamo, le tagliamo tutte?», dicono.
Le associazioni riflettono sul tema. «Il prato dell’erba alta è stato falciato impedendo la fioritura di rari fiori spontanei e l’alimentazione di insetti impollinatori e uccelli. La scusa è stata che “non lo si sapeva”. Quei prati non sono una novità: vengono gestiti in modo speciale da anni, perché hanno un valore speciale e del tutto peculiare. Tanto naturalistico quanto paesaggistico. Nessuno ha chiesto e concordato quel taglio. È stato fatto e basta. Con grandissimo danno del parco. Ancora una volta però le associazioni hanno convenuto per un ulteriore taglio, lunedì scorso. Con la prescrizione di stare ad almeno 10-15 cm dal terreno. Ancora un volta le prescrizioni sono state gettate via ed ora i prati sono secchi, gialli inariditi e desertici. A cosa è servito?
Ora, sotto i cipressi c’è una massa di erba secca e rami lungo una 40 di metri, alta almeno due metri e larga sei. Vi viene in mente un nascondiglio migliore per eventuali sacchetti di droga? E vi viene in mente un rischio maggiore se a qualche squilibrato venisse in mente di dare fuoco? Questo è il modo di gestire un parco che tutti ci invidiano? Che suscita meraviglie in quanti non ragionano con motosega e trincia tutto. Che ha meritato un premio internazionale ed un articolo sulla rivista Gardenia.
Noi Associazioni siamo disponibili a collaborare al massimo con gli organi preposti alla sicurezza, ma vorremmo anche salvaguardare i valori del parco. Chiediamo formalmente un incontro – lo abbiamo già fatto 2 volte per lettera – nello spirito di massima collaborazione, ma anche di massima attenzione verso un parco che non si merita questa gestione. E chiediamo che qualsiasi intervento di taglio o sfalcio sia sospeso fino alla data dell’incontro. Lo chiediamo a Prefettura, Questura, Amministrazione Comunale. Certi che una soluzione meno invasiva e distruttiva si possa trovare».