PESARO – In piazza per reclamare diritti e far emergere la situazione dei lavoratori stagionali del turismo.
Tanti ragazzi costretti ad «accettare contratti di lavoro in alberghi, ristoranti, strutture ricettive pagati anche metà con fuori busta pur lavorando a tempo pieno e sette giorni su sette. Una normalità che non vogliamo più anche se temiamo che quest’anno non lavoreremo per niente»
A parlare un gruppo di lavoratori stagionali attivi ormai da più di un anno per pretendere diritti e tutele, quest’ultime spesso totalmente assenti nel settore turistico. Proprio per questo ci siamo uniti alla campagna nazionale “Mai più sfruttamento stagionale”.
Sono scesi in piazza del Popolo a Pesaro, sotto la Prefettura con striscioni, cartelli e megafono.
Rappresentanti della ristorazione e del turismo e insieme alla Federazione del Sociale USB (Unione Sindacale di Base). «Per noi una vera e tragica emergenza sociale che si prospetta con migliaia di lavoratori precari come noi che non potranno lavorare né accedere ad ammortizzatori adeguati».
«Tantissimi di noi sono stati esclusi dal Bonus 600 euro, e anche laddove siamo riusciti a rientrare, due mensilità di indennità Covid non sono minimamente sufficienti per coprire le spese delle famiglie che vivono di stagione, soprattutto considerando quanti di noi molto probabilmente quest’anno non lavoreranno a causa delle norme sul distanziamento sociale. Ad oggi centinaia di miliardi di euro sono stati stanziati per sostenere le imprese mentre noi venivamo lasciati soli. Parliamo delle stesse imprese che ogni anno ci sfruttano, mantenendoci “in grigio” o “assumendoci a nero”, sotto-inquadrandoci, negandoci il giorno di riposo e garantendoci paghe ai limiti dello schiavismo che spesso si aggirano attorno ai 3 euro l’ora. Di quelle stesse imprese che chiedono al Governo di poter riaprire senza se e senza ma, invocando ancora più flessibilità ed esponendo lavoratori e clienti a rischio contagio di un virus che ha paralizzato il Paese negli ultimi mesi, al solo scopo di garantire i propri profitti».
I ragazzi parlano di un comparto «paralizzato, ma un settore che genera il 15% del PIL di questo Paese, i lavoratori stagionali del turismo appunto. Chiediamo un reddito di base garantito e incondizionato a chiunque non potrà tornare al lavoro, assicurando le dovute tutele e l’applicazione del contratto collettivo nazionale, che esiste e va rispettato, istituendo un salario minimo di 9 euro l’ora. L’ipotesi del salario minimo, già precedentemente in discussione al Governo e attualmente accantonata, rappresenta infatti l’unica strada in grado portare al rialzo i tabellari ed aumentare le paghe di tutti coloro che attualmente vivono di lavoro povero».