La storia inizia nel 2011, con tre imprenditori cinesi e le loro attività economica nel settore tessile e nell’abbigliamento. I tre avevano ditte individuali create ad hoc, intestate a lavoratori dipendenti compiacenti che fungevano da prestanomi per schermare gli effettivi beneficiari degli utili realizzati, sui quali non venivano pagate le relative imposte.
Oggi, la Guardia di Finanza della Compagnia di Urbino, nell’ambito dell’operazione “Speedy Chinese 2”, dà notizia di aver eseguito tre ordinanze di misura cautelare in carcere e sequestrato beni per oltre 2.100.000 euro nei confronti degli imprenditori. Dodici le persone indagate per gravi reati tributari, quali l’omessa dichiarazione, l’occultamento di scritture contabili e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui tre accusati di associazione per delinquere. Le indagini, delegate dalla Procura urbinate, hanno fatto emergere un insidioso fenomeno fraudolento basato sul metodo “apri e chiudi”, ideato dai componenti l’associazione a delinquere e finalizzato ad una sistematica evasione fiscale.
Le ultime fasi operative hanno subito un forte accelerazione a causa della pianificazione di un trasferimento nel Nord Italia dei tre imprenditori. Tuttavia, il costante monitoraggio dei loro spostamenti ha impedito che gli stessi facessero perdere le loro tracce e ha indotto all’esecuzione dei provvedimenti di custodia cautelare il giorno del trasferimento materiale di due di loro in altra città, in concomitanza con il rintraccio del terzo nella città di Mantova. «La misura cautelare di natura patrimoniale ha infine permesso il sequestro di risorse finanziarie, crediti societari, automezzi e macchinari aziendali. Considerata nel suo complesso l’operazione Speedy Chinese, che già nel 2016 aveva dato i primi frutti con l’arresto di un altro imprenditore cinese ed il sequestro di beni riconducibili a dieci indagati per oltre 1.600.000 euro, costituisce la risposta della Guardia di Finanza della Provincia di Pesaro e Urbino ai fenomeni evasivi più gravi, che producono effetti distorsivi per l’economia favorendo la concorrenza sleale a danno delle imprese virtuose», spiegano le Fiamme Gialle.