CORINALDO – Un incontro nel mulino di Corinaldo recuperato per chiudere una rassegna che parla del territorio. E’ l’iniziativa che si svolgerà all’Antico Molino Patregnani, uno dei luoghi della tradizione contadina corinaldese dove si parlerà di uno dei prodotti tipici della vita rurale di ieri come di oggi, il mais.
Quello di domenica 10 settembre (dalle ore 15:30) sarà un pomeriggio – nonotante la pioggia si terrà comunque negli spazi al coperto del molino – dedicato al mais, prodotto alla base della polenta, piatto tipico legato al folclore contadino dell’intera vallata, sul quale interverrà con storie, aneddoti, curiosità Alfiero Verdini, presidente dell’Accademia Misena di Roccacontrada.
Un’iniziativa dal profilo sia storico che turistico: «torniamo a parlare del territorio e dei suoi prodotti – spiega Verdini – e soprattutto di un mais autoctono che siamo riusciti a recuperare e che oggi viene coltivato ed esportato».
Il mais ottofile di Roccacontrada (l’antica Arcevia), particolare perché ha appunto otto file di cariossidi, si coltivava nel territorio della valmisa già da 350 anni. «E’ andato però scomparendo nel secondo dopoguerra, quando con il piano Marshall venne introdotto il mais americano, che ha una resa maggiore, quasi il doppio. Qualche coltivatore aveva però continuato a seminarlo e da lì è nata l’idea di recuperarlo e valorizzarlo anche da un punto di vista storico: il mais era uno dei principali prodotti coltivati da sempre perché la pasta, l’olio, la farina erano gli elementi base dell’alimentazione contadina».
Dall’idea di Verdini che ormai risale a oltre dieci anni fa, si è passati subito alla pratica: ora sono tre gli agricoltori che lo piantano, di cui uno in misura maggiore, per un totale di 20 ettari che rendono circa 40 quintali per ettaro.
«Oggi c’è una tendenza al recupero della biodiversità anche nel settore alimentare – conclude Verdini – motivo per cui riusciamo ad esportare il mais di Roccacontrada oltre i confini regionali: è riconosciuto per le sue caratteristiche organolettiche interessanti che lo rendono prezioso per prodotti con farine, olio, pasta e gallette, tanto per fare qualche esempio».
Il mais ottofile è anche uno strumento di «valorizzazione del territorio che ci rende molto orgogliosi di questa strada intrapresa, anche se difficile perché vanno selezionati attentamente sia i terreni su cui coltivare questo ripo di mais, sia le piante raccolte. Ma gli sforzi sono ben ripagati dall’attenzione che oggi si ripone sul settore alimentare non solo da parte dei negozi specializzati ma anche dalla grande distribuzione che oggi commercializza i nostri prodotti».