OSTRA – «La partecipazione degli alluvionati è necessaria per far sentire la loro voce ma anche per il dovere morale di fare chiarezza su eventuali responsabilità o concorsi di colpa da parte di quegli enti pubblici che avevano come compito istituzionale proprio quello della cura e manutenzione degli alvei, nonché della prevenzione». Così il “Comitato 15 Settembre – Alluvione Valli del Misa e Nevola” commenta la richiesta di costituzione di 300 parti civili che c’è stata nell’udienza preliminare svoltasi il 4 dicembre a L’Aquila.
Nel tribunale abruzzese, poiché ad Ancona c’è un giudice alluvionato, si stanno muovendo i primi passi relativamente al processo che potrebbe partire a carico di 22 indagati sul disastro di due anni fa che causò 13 vittime e danni per due miliardi di euro. Rispetto alle migliaia di cittadini, famiglie, associazioni, enti e imprese alluvionate sono solo 300 le parti civili, coloro che l’hanno richiesto. Sarà poi la giudice Guendalina Buccella, dopo le eventuali osservazioni da parte delle difese, a giudicarne l’ammissibilità al processo. E questo avverrà entro il 12 marzo 2025.
Ma nel frattempo gli alluvionati spiegano quali sono le motivazioni che hanno portato il Comitato 15 Settembre, in aiuto delle famiglie alluvionate, a richiedere la costituzione di parte civile, tra risarcimenti insufficienti o non percepiti e responsabilità da chiarire. Il comitato ha promosso la richiesta per «permettere alle famiglie alluvionate di chiedere il risarcimento integrale dei danni subiti, oltre ai danni morali per la grave situazione di sofferenza, paura e disagio subita per settimane, tra il fango e la distruzione. Per molti alluvionati, i ristori e gli indennizzi statali non sono arrivati o hanno coperto solo una parte dei danni».
Tra gli obiettivi del comitato 15 settembre ci sono infatti non solo il «giusto risarcimento danni per le persone colpite» ma anche (e forse, soprattutto) «la messa in sicurezza del territorio, promuovendo ogni iniziativa volta a sollecitare gli enti pubblici ad adottare ogni adeguata opera per la mitigazione del rischio idrogeologico e per un efficace sistema di allerta. Perché simili tragedie non debbano più ripetersi».
Proprio il comportamento degli enti locali, dalla Regione Marche alla Provincia di Ancona, dal Consorzio di Bonifica delle Marche al Comune di Serra de’ Conti, è finito sotto la lente d’ingrandimento: la procura aquilana, oltre a contestare ad alcuni dei 22 indagati il reato di omicidio colposo plurimo, «in due anni di inchiesta ha raccolto una grande mole di documenti e testimonianze, ed ha ravvisato delle ipotesi di disastro colposo per l’esondazione dei fiumi, che colpì vari centri abitati dell’hinterland senigalliese, tra cui le frazioni di Pianello e di Casine di Ostra, ma anche le località di Passo Ripe, Brugnetto, Marazzana, Vallone, ecc. Una specifica accusa riguarda l’esondazione del fiume Misa nella città di Senigallia con riferimento a presunte violazioni nella costruzione del Ponte 2 Giugno».
Omissioni, negligenze o violazioni di norme negli interventi di manutenzione e gestione degli alvei dei fiumi che potrebbero aver favorito le esondazioni dei fiumi Misa e Nevola o generato condizioni di criticità idraulica. E su questo si indagherà con il possibile rinvio a giudizio di 22 tra funzionari e tecnici degli enti sopra citati.