SENIGALLIA – Dopo due anni di silenzio, Roberto Mancini, candidato a sindaco nel 2010 per Rifondazione Comunista, consigliere di opposizione dal 2010 al 2015 e Presidente della “Commissione speciale temporanea di indagine e di inchiesta sulla alluvione del 3 maggio” torna a parlare del tragico evento che ha messo in ginocchio la zona nord della spiaggia di velluto causando tre vittime e danni per oltre 100 milioni di euro. La Procura ha notificato gli undici avvisi di garanzia. Mancini torna tre anni indietro e ricorda la gogna mediatica alla quale è dovuto sottostare durante lo svolgimento della relazione e nel mezzo della sua presentazione alla cittadinanza. In una lunga lettera, l’ex consigliere si toglie qualche sassolino dalla scarpa e torna a fare luce sulla vicenda.
Il punto di vista di Roberto Mancini
«Dopo i recenti sviluppi delle indagini sull’alluvione del 3 maggio 2014, credo che sia doveroso da parte mia intervenire. Dal mio punto di osservazione, gli aspetti più interessanti sono quelli dei contenuti, della ricostruzione dei fatti, dell’analisi delle scelte amministrative, ampiamente presenti nel comunicato del 29 agosto scorso emesso dal Gruppo Carabinieri Forestale di Ancona. Certamente non ho titolo alcuno circa gli aspetti giudiziari, pur auspicando anch’io che l’iter prosegua in modo spedito e si concluda al più presto. Sono stato da giugno 2014 a gennaio 2015 presidente di una delle due commissioni promosse dal Consiglio Comunale, precisamente di quella che aveva il compito di «accertare le criticità e le inefficienze emerse, anche in relazione alla revisione di strumenti, norme e regolamenti atti alla prevenzione di simili calamità». In quei mesi la Commissione lavorò con serietà (e senza alcun gettone di presenza) e alla fine giunse a concludere la propria attività con valutazioni divergenti tra i consiglieri tanto da produrre due relazioni, una di maggioranza -una sorta di apologia del governo cittadino- ed una cosiddetta «del Presidente» sostenuta dalle minoranze, redatta e firmata dal sottoscritto (entrambe sono facilmente reperibili online). Elaborai la Relazione del Presidente ricostruendo i diversi aspetti della questione, basandomi rigorosamente sui contributi, i documenti e le testimonianze dei cittadini a diverso titolo chiamati a dare la loro collaborazione, nonché sulla documentazione messa a disposizione dagli enti diversamente competenti in materia e grazie (non ultimo per importanza) all’apporto dei consiglieri. Ogni capitolo si divide in una parte di analisi (dei fatti o delle scelte amministrative) e di una parte conclusiva con sintesi specifiche e proposte operativa. Manca però -e fu una mia scelta- una sintesi complessiva, più generale, perché il nostro compito non era quello di esprimere un giudizio politico sul governo della città (che sarebbe stato eventualmente faticoso da condividere, vista la disomogeneità culturale delle minoranze), ma quello di concentrare la propria attenzione sui fatti, individuando i problemi e le rispettive possibili soluzioni. Non è facile riassumere l’intera relazione; di seguito si elencano alcuni passaggi, poco più di un indice. Nelle pagine iniziali è scritto che già «il 2 maggio il COC ha assunto una via di non massima cautela» e che il giorno dopo, 3 maggio, l’allarme in alcune zone -dove è stato possibile ricostruire gli orari precisi- è stato poco tempestivo o addirittura tardivo. Inoltre, alcuni componenti del COC erano «andati nel frattempo in pensione senza essere sostituiti» e per i giorni 2, 3 e 4 maggio «non esistono verbali o report delle riunioni, delle attività, delle decisioni del COC». Poi viene trattata la triste vicenda della deperimetrazione delle aree R4, resa possibile grazie ad una proposta deliberata dal Consiglio Comunale sulla base di argomentazioni politiche quanto meno approssimative e senza far tesoro delle alluvioni del 1940, 1955, 1976 (e di quest’ultima si ricorda la povera vittima di Borgo Bicchia); la proposta stessa venne poi accolta, dopo un iter contrastato, dalla Regione. Inoltre si constata che la riduzione dell’ampiezza delle aree R4 (a rischio molto elevato), sommata al fatto che nessuna zona del territorio fu riconosciuta come R3 (a rischio elevato), non rese possibile l’allertamento della popolazione in ambiti più vasti. Più avanti il testo presenta un lungo capitolo sulla mancata manutenzione: all’indomani del 3 maggio la Provincia individuò «opere da svolgere sul Misa per un importo di circa 20 milioni di euro», mentre dalle audizioni si seppe che «dalla fine del 2010 a metà 2013 la Provincia è intervenuta in 15 punti … La spesa è stata di 530 mila euro: un quarantesimo di quanto sarebbe necessario … fatto che testimonia per la Provincia di Ancona una sorta di rinuncia all’adempimento delle proprie competenze». Si continua ancora con altri aspetti: i fossi e quello del Sambuco tra i più rilevanti, la questione del restringimento alla foce e la portata del fiume nelle piene, l’auspicabile sostituzione dei ponti con altri a campata unica, l’annosa questione delle vasche d’espansione (che però, se fossero state presenti il 3 maggio con la loro capienza di 850.000 mc. di acqua, si sarebbero riempite «in un intervallo di tempo che va dai tre quarti d’ora all’ora e mezzo» con ben poca efficacia). Purtroppo, di tutto questo e di altro presente nella Relazione si parlò ben poco perché subito fu sollevato un polverone di insulti e polemiche tale da oscurare i problemi posti dal documento delle minoranze. Il 19 gennaio 2015 la Commissione votò le due distinte relazioni, una di maggioranza e una di minoranza; il giorno dopo, il 20, le trasmisi alla Presidenza del Consiglio per i successivi adempimenti e subito dopo comunicai in conferenza stampa come si erano conclusi i lavori della Commissione, la presenza delle due relazioni, i nomi dei consiglieri che avevano sostenuto l’una o l’altra e, infine, illustrai la mia, quella di minoranza, di cui ero titolare. Non esiste nessuna norma nello Statuto comunale, nel Regolamento del Consiglio o nella delibera di istituzione della Commissione di inchiesta che negasse allora (o neghi oggi) questa possibilità prima della seduta del Consiglio comunale. Anzi, la crescente attenzione alla trasparanza degli atti amministrativi già allora faceva sì che fosse incentivata la conoscenza anticipata delle pratiche da sottoporre al dibattito degli organi rappresentativi, progressivamente più agevole grazie ai nuovi supporti informatici. Ma secondo la maggioranza sarei stato reo di aver anticipato un adempimento da svolgere in Consiglio e anche di non aver illustrato congiuntamente in conferenza stampa pure la relazione di maggioranza! Ripeto che come Presidente ho informato che quest’ultima -e non la mia- era stata approvata, ricordando i consiglieri che la sostennero: ma dove e quando mai si è visto un unico componente di un organo elettivo che pronuncia un intervento doppio, parimenti equidistante da ciò che è sostenuto da lui stesso e dai suoi avversari? Insomma, il polverone fu strumentale e tanti parteciparono al gioco. Diede il suo contributo involontario anche un giornale che propose il 21 gennaio un titolo virgolettato con parole mai da me pronunciate, smentite dalla stessa testata il giorno dopo. Le danze furono avviate dal Sindaco Maurizio Mangialardi: «… aver reso pubblica a mezzo stampa la mistificante relazione da egli redatta e votata solo dalla minoranza…», «… malafede politica che ha guidato questa sua scelta…», «…mi limito ad auspicare che nell’ambito dell’inchiesta che la magistratura sta conducendo vengano verificate le bugie, le ingiurie e le falsità sull’operato mio e dell’intera amministrazione contenute nelle dichiarazioni virgolettate di Mancini…» (22 gennaio). Ma, come sappiamo, le cose sono andate diversamente. Nello stesso giorno intervennero i consiglieri Elisabetta Allegrezza, Carlo Girolametti, Dario Romano: «… E’ sorprendente poi la scorrettezza istituzionale di un Presidente che si arroga il diritto di presentare la relazione di minoranza a mezzo stampa prima del dibattito in Consiglio Comunale …». Poi fu la volta della lista Vivi Senigallia: «… Il presidente della Commissione di inchiesta Roberto Mancini umilia il Consiglio Comunale, calpesta le regole democratiche e tradisce il suo ruolo di Presidente … ha espresso comportamenti e valutazioni gravi che mistificano i lavori della Commissione stessa di cui è Presidente…» ( 23 gennaio). Anche il consigliere Mario Fiore si pronunciò: «… Provo, prima ancora che come Consigliere … come cittadino alluvionato, grande amarezza e delusione per il comportamento e le dichiarazioni del presidente Mancini…» (23 gennaio). Poi, domenica 25 gennaio all’auditorium San Rocco, per l’occasione gremito di persone, la Relazione del Presidente venne da me illustrata alla cittadinanza e nei giorni seguenti continuarono le reazioni. Intervenne la consigliera Simonetta Bucari: «Ma ogni tentativo di dialogare, mediare con il presidente Mancini, è stato inutile. Troppe le “mezze verità”!» (31 gennaio). Poi ritornò il consigliere Carlo Girolametti: «hanno prevalso all’interno della minoranza le posizioni più estreme che fin dall’inizio avevano pensato a questa Commissione come ad una occasione ghiotta per mettere sotto accusa il Sindaco» (1 febbraio). Quali titoli, politici o morali, possedessero costoro per pronunciare simili stroncature del mio operato e della mia persona non ci è dato sapere; ma in politica spesso conta di più portare a casa il risultato, che in questo caso corrispondeva nel non parlare dei problemi veri e ridurre il tutto a litigio, a presunti tradimenti, insomma a gossip urlato, a chiacchiericcio recitato a voce alta, artificiosamente scandalizzata. Ora le cose stanno diversamente. Pur nella grande differenza istituzionale, nella complessità e nella articolazione non immediatamente assimilabili, nei fini quanto mai distinti, amministrativi quelli della Commissione consiliare d’inchiesta, giudiziari quelli della Procura di Ancona, difficilmente si può negare l’evidenza di contenuti presenti nella Relazione del Presidente che si ripropongono e che ricevono una conferma quanto mai autorevole dal comunicato del Gruppo Carabinieri Forestale di Ancona, un documento che verosimilmente riassume campi di indagine più ampi con altri elementi di estremo interesse lì accennati. Contemporaneamente cadono in miseria per la loro pochezza le urla dei miei detrattori. Ora le cose stanno diversamente. Settori fondamentali della politica del territorio praticata negli ultimi vent’anni dai governi cittadini vengono messi radicalmente in discussione, assieme ad uno stile di governo malaccorto, non previdente, troppo rivolto al consenso immediato da spendere sul mercato della politica. Su questi campi dovrà esercitarsi la critica e la ricerca di nuovi modelli di cittadinanza e di contenuti innovativi nel governo della città, perchè non sono questioni astratte, propagandistiche, da rincorse elettorali, ma concrete e drammatiche. Senigallia lo sa»