SENIGALLIA – Elena e Lorenzo, lei medico all’ospedale di Senigallia e lui dipendente dell’azienda Fileni, con una figlia minore, sono una delle tante famiglie duramente colpite dall’alluvione che s’è abbattuta lo scorso settembre su Senigallia e su diversi altri centri della zona. Nel disastro di acqua e fango, Elena e Lorenzo hanno perso tante cose, nella propria abitazione, ma raccontano un episodio di solidarietà e sensibilità che li ha particolarmente colpiti, lungo lo scandire di queste ultime settimane così difficili. Un’azienda padovana che produce mobili a Villa del Conte, infatti, è intervenuta in loro aiuto, ma preferisce non essere menzionata. Perché – chiarisce – non vuole farsi pubblicità in questo modo. Anche perché non è certo nuova a iniziative di solidarietà. Elena e Lorenzo, invece, sono due nomi veri, la famiglia abita nella zona vicina al porto di Senigallia, non lontano dall’Hotel Universal, ed è tuttora fuori casa anche se spera di potervi rientrare a gennaio.
«La nostra non era una zona a rischio alluvione – racconta Elena – perché siamo lontani dal fiume e perché in passato non c’era mai stato nulla di simile. Tanto è vero che quella sera aveva smesso di piovere e mio marito era uscito in bicicletta per andare a vedere cos’era successo, dove il Misa era esondato, nella zona di via Carducci. Si era preoccupato di sua madre, poi era rientrato, perché da noi non era successo nulla, e così eravamo andati a dormire. Poco dopo le tre di notte un vicino ci ha svegliato, perché l’acqua stava salendo rapidamente, noi abbiamo le camere al piano superiore, siamo scesi e abbiamo provato ad arginare l’acqua che cominciava a entrare da sotto la porta, ma ci siamo subito resi conto che non c’era niente da fare. Mio marito, nel tentativo di salvare il maggior numero di cose dal piano di sotto, è caduto dalle scale e si è lussato una spalla. Poi è andata via la luce. Il buio, l’acqua che in casa aveva raggiunto i 60-70 centimetri, mia figlia e il cane, le auto fuori allagate e mio marito che doveva andare all’ospedale: non era certo una bella situazione, anche perché per farlo uscire non potevamo aprire la porta, perché sarebbe entrata ancora più acqua. Lavoro in ospedale e sapevo che in quelle condizioni non potevamo certo sperare in un’ambulanza. Un vicino ci ha aiutato a far passare mio marito dalla finestra per andare all’ospedale, poi è tornato con il gommone della Protezione Civile, ormai era giorno, ma l’acqua non scendeva. Siamo rimasti con l’acqua in casa fino alle 15.30, dunque per circa dodici ore. Poi è cominciata a scendere, appena abbiamo potuto abbiamo aperto le porte e cominciato a svuotare».
Una storia come tante, purtroppo, in quel terribile giorno in cui acqua e fango, nel Senigalliese, non hanno risparmiato quasi nulla e nessuno e in cui troppe persone hanno tragicamente perso la vita. «Al piano terra – prosegue Elena – dove abbiamo soggiorno, cucina, bagno e lavanderia, avevamo il parquet che, naturalmente, è saltato tutto, al pari dei mobili. Dopo qualche giorno mio marito, che non ci poteva aiutare, stava mandando mail alle aziende produttrici del nostro arredamento per cercare di ritrovare ciò che era andato distrutto. E quell’azienda veneta ha risposto in modo tanto rapido quanto inaspettato. Non solo ha prodotto apposta per noi dei pezzi che erano andati fuori produzione, ma si è adoperata, anche attraverso il negozio di Ancona, per trovarci una poltrona come quella che avevamo che ci ha venduto a prezzo di costo, lo stesso per alcune parti della libreria. Siamo stati davvero sorpresi e grati, per la tempestività e la sensibilità dimostrata. È stata l’unica azienda che è intervenuta in nostro favore in termini concreti e rapidi e la cosa ci ha commosso. Perché sono persone che non ci conoscono e una sensibilità del genere non è né scontata né comune. In quei giorni c’è stato di grande aiuto sapere che avremmo potuto ripristinare casa nostra non con cose recuperate ma con quelle che avevamo prima dell’alluvione. Per tanti aspetti in questo mese e mezzo ci siamo sentiti davvero abbandonati, ma chi si è prodigato per noi merita di essere ricordato».