SENIGALLIA – Una discarica di lastre in cemento amianto. È l’ennesima segnalazione giunta all’ALA, l’associazione per la lotta all’amianto, che si trasforma in denuncia. Una denuncia perché si tratta di materiali pericolosi per la salute dell’uomo e non solo, perché si tratta di abbandono, di inquinamento, di non curanza, da parte di più soggetti. Rinvenuti nella stessa zona di un’altra segnalazione del mese scorso.
Tra le numerose segnalazioni che giungono al presidente Montanari dal 2004, c’è anche quella che ha definito «eclatante, incredibile discarica con capanna nascosta da rovi ed erbaccia alta nei pressi di via Galilei. Guardare le immagini fa venire i brividi e soprattutto fa tremare il fatto che tutto sia celato dal verde, con pericolo di inquinamento delle falde acquifere dove insistono orti coltivati».
Le fotografie parlano chiaramente e tra i rovi a poche decine di metri da un casolare abitato in via Galilei, zona statale Adriatica sud, ci sono nascosti troppi residui di quel materiale pericoloso, prodotto per anni anche dopo la diffusione della sua nocività. «Purtroppo il silenzio in circostanze come questa è la più triste realtà – continua Montanari: chi risiede nelle vicinanze o chi sa, finge di non vedere e preferisce non metterci la faccia. Dimenticando però che ciò provoca rischi a se stessi ed alla salute dei cittadini».
D’altra parte la situazione con l’amianto sparso in tutto il territorio senigalliese continua a essere grave perché sono numerosissimi i manufatti realizzati con questo pericoloso materiale e ancora peggio, le discariche non autorizzate al termine spesso di lavori edili.
«Fin quando non si effettuerà un censimento – suggerisce il presidente dell’Ala – con droni e mezzi sofisticati, come di recente avvenuto in realtà vicine, si potrebbero trovare tantissime situazioni come quella presente nel territorio senigalliese e zone limitrofe». Eppure già nel 1996, una delibera della giunta comunale di Senigallia autorizzava la procedura per attivare il censimento degli edifici nei quali erano presenti materiali o prodotti contenenti amianto. Ben 23 anni di distanza e ancora non c’è traccia di alcun censimento che deve essere autorizzato dagli enti preposti, su questo apparentemente poco attenti.