SENIGALLIA – Nuovo capitolo per quanto riguarda la gestione della piscina Saline. Ieri, 3 giugno, per due ipotesi di reato è stata chiesta e ottenuta l’archiviazione della posizione relativa al sindaco di Senigallia e alla sua prima giunta; per le altre imputazioni, che vedono indagato sempre Mangialardi, l’attuale giunta comunale e i vertici locali della Uisp, l’iter va avanti e il gip si esprimerà in seguito. Intanto però è il momento di alcuni commenti.
«“Archiviato vuol dire che già dall’indagine la Procura ha visto che non c’è il reato. Assolto invece vuol dire che è stato fatto il processo e non sono state riscontrate colpe o errori. Quindi da subito i pm hanno visto che la corruzione non esiste con Mangialardi» ha commentato il legale di Mangialardi, avv. Marina Magistrelli. Che continua: «Adesso l’inchiesta andrà avanti per valutare tutto e alla fine si vedrà. Essere indagato per corruzione per aver partecipato per 20 minuti ad una cena senza toccare cibo sarebbe stato veramente sconcertante. Adesso chiariremo gli altri capi di imputazione, ma alla fine bisognerà tirare una riga su tutto e vedere se si possono far spendere i soldi pubblici così».
«Non voglio parlare di sospiro di sollievo – commenta il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi – perché non ho mai avuto neanche un dubbio sul fatto che l’accusa nei miei confronti di un simile reato, di cui non riesco neppure a pronunciare il nome tanto mi è estraneo, potesse essere presa sul serio dalla magistratura. Sono stato sempre sicuro di aver lavorato non solo con correttezza, ma anche e soprattutto nel pieno interesse della città e degli utenti della piscina, al fine di garantire la qualità e la continuità del servizio, come del resto è dimostrato chiaramente dai risultati».
«Mi dicono che dovrei essere contento – aggiunge Mangialardi dopo la notizia dell’archiviazione per la corruzione – ma in realtà sono piuttosto rammaricato. Anzitutto del fatto che ancora una volta si sono sperperati soldi pubblici facendo politica non con proposte concrete, ma attraverso il continuo ricorso a denunce ed esposti; una modo di fare che in questo caso, peraltro, è stato sostenuto anche dalla Lega, la quale attraverso ben due interrogazioni parlamentari al ministro della Giustizia ha chiesto che venisse accelerato il procedimento, convinta di scoprire chissà che cosa. Ovviamente dispiace anche perché la vicenda rappresenta l’ennesimo strascico dovuto alla tragedia dell’alluvione. E fa molto male vedere come il tentativo di dare risposte immediate ai cittadini in termini di garanzia dei servizi possa in un attimo trasformarsi in un’accusa di corruzione che rischia di minare non solo la reputazione, non solo la vita pubblica, ma anche la salute di una persona. Da parte mia di una cosa sono certo – conclude il sindaco di Senigallia – mai e poi mai, neanche di fronte al mio più acerrimo rivale, sarei capace di ricorrere a simili mezzucci. Spero che di questa lezione si faccia tesoro».
Di altro parere il consigliere comunale Giorgio Sartini, Senigallia Bene Comune, che ha presentato l’esposto da cui son partite le indagini della Procura. «Gli atti parlano chiaro e io ne son convinto: rifarei la stessa cosa del 2017. Non giudico l’operato del giudice, io ho presentato dei documenti mentre la polizia giudiziaria ha fatto delle indagini individuando delle ipotesi di reato: anche se alcuni fossero derubricati, secondo me non è questo il comportamento che dovrebbe tenere un primo cittadino, per cui ritengo che il sindaco non si dovrebbe candidare. Io? Faccio solo il mio lavoro, serio, di opposizione e non mi fermo solo perché Mangialardi dice che si spendono soldi pubblici segnalando, con documenti, gli atti comunali. Tra l’altro – conclude Sartini – la storia non è conclusa per gli altri capi d’imputazione, così come va avanti la vicenda dell’alluvione».