SENIGALLIA – È terminato nel pomeriggio, dopo quasi sei ore di dibattito a volte concitato, il consiglio grande a Senigallia. Si tratta di un consiglio comunale straordinario, esteso alla partecipazione di associazioni locali, portatori d’interesse e realtà cittadine così come ai vertici regionali e commissariali, per parlare del futuro di ponte Garibaldi.
Dopo numerose richieste di convocazione partite già due anni fa e di audizione del commissario all’emergenza alluvione 2022 Francesco Acquaroli e del vice commissario Stefano Babini, la città di Senigallia ha potuto conoscere con chiarezza e non a mezzo stampa cosa ne sarà dell’opera infrastrutturale di cui da tempo si discute vivacemente. E la sintesi è che il progetto, divenuto definitivo senza prima un confronto con la comunità senigalliese, diverrà a breve esecutivo e non verrà modificato se non per alcuni dettagli non sostanziali. Il motivo? Il rispetto delle norme.
Ma andiamo per ordine. I lavori consiliari sono cominciati in tarda mattinata, con una prima fase in cui è intervenuto il vicecommissario Babini. L’ingegnere ha spiegato alcuni dettagli tecnici e risposto ad alcune polemiche che nel corso delle settimane sono diventate un po’ un ritornello di quanti – e sono molti – si dichiarano contrari a questo progetto di ponte. I nodi critici sono l’ingombro dell’infrastruttura, l’aspetto estetico-architettonico, la nuova posizione individuata e l’impatto viario. Tutti temi che sono stati contestati durante il consiglio grande dalle associazioni culturali, ambientaliste, storiche, politiche di Senigallia.
Da Italia Nostra all’Anpi, dal Gruppo società e ambiente a Confluenze, dall’Archeoclub ai comitati degli alluvionati del 2014 e del 2022, fino a Confcommercio e all’associazione Alberghi e turismo di Senigallia: ognuna ha portato il suo punto di vista in un’aula che non ha risparmiato applausi a chi chiedeva lo stop al progetto e critiche invece a chi ne chiedeva un’accelerazione. Molti dei presenti hanno rumoreggiato anche nei confronti della presidenza del consiglio comunale, rea di aver lasciato fuori alcuni referenti per esempio del Partito democratico delle Marche, il vicepresidente dell’assemblea legislativa Maurizio Mangialardi e associazioni come la Scuola di Pace.
L’impatto dell’opera nel contesto di un centro storico e il mancato confronto con la città sono stati i punti più volte sollevati durante il consiglio grande, con tanto di slogan “Un altro ponte è possibile” a fare da leit motiv in più occasioni. Slogan a cui hanno risposto sia il sindaco di Senigallia Massimo Olivetti che il presidente regionale nonché commissario all’emergenza Acquaroli durante l’ultima fase degli interventi.

I due esponenti politici, ma anche l’ingegner Babini, hanno infatti sottolineato come il rispetto delle norme sul franco idraulico – la distanza cioè tra l’intradosso del ponte e il punto di massima piena che corrisponde all’argine in muratura presente in quel punto – sia il fattore più importante, il che ha di fatto determinato l’altezza del futuro ponte Garibaldi. Infrastruttura che riunirà il centro storico con l’area dell’ospedale e dello stadio tramite un ponte ad arco superiore, con impalcato di circa 70-80 centimetri, lasciando però un’ampia veduta della città, con i suoi portici Ercolani derivanti dall’ampliamento urbano avutosi nel ‘700.
A completare l’opera che avrà due corsie ma una sola direzione di marcia (verso il centro storico) ci pensano percorsi ciclopedonali, due ascensori per le persone con ridotta mobilità, verde urbano a mitigare l’opera e la valorizzazione con luci dello storico lavatoio. Rimane il nodo – oltre che dell’estetica, ma in molti in aula hanno sottolineato il carattere soggettivo della critica – dell’impatto viario che ricadrà principalmente su via Rossini (ospedale) e sul quartiere dello stadio, dove il traffico, con tutta probabilità aumenterà notevolmente. Ribadita anche la necessità, da parte di alcune associazioni, di alleggerire invece i flussi di auto e mezzi pesanti verso il centro, liberandolo da smog e inquinamento.
Alle critiche Acquaroli e Olivetti hanno risposto con un rifiuto a procedere verso deroghe su quelle che sono le norme della sicurezza. «Non mi sono mai sottratto al confronto in questi anni e di certo siamo masochisti – ha specificato Acquaroli – e se avessimo potuto fare un ponte com’era prima dell’alluvione, lo avremmo fatto. Ma non si può e nessuno mi convincerà, dopo che ci sono stati vittime e danni, a operare in deroga alle norme sulla sicurezza. Dire no a questo ponte significa anche dire no a poter andare da una parte all’altra della città anche in emergenza e ai soccorsi. Sarebbe una gravissima responsabilità. Ma se la città deciderà di non volere il ponte, ne prenderemo atto».