Senigallia

Terremoti, il geologo Fazzini: «Nelle Marche due ‘crisi sismiche’, una in Appennino, di intensità più forte, e l’altra in Adriatico»

Il punto con l'esperto dell'Unicam dopo la nuova scossa al largo della costa pesarese e a otto anni dal sisma del 2016

La frazione di Pescara del Tronto, ad Arquata, rasa al suolo dal terremoto del 2016

Nelle Marche sono in atto «due ‘crisi sismiche’, una di magnitudo maggiore che affligge dall’agosto del 2016 l’area del cosiddetto cratere sismico (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, ndr) che seppur diminuita di intensità sta proseguendo con scosse di magnitudo al di sotto dei tre gradi sulla Scala Richter, l’altra crisi sismica sta interessando il bacino dell’Adriatico nel tratto compreso tra Rimini e Ancona». Così il geologo Massimiliano Fazzini, docente all’Unicam.

A otto anni dall’avvio della sequenza sismica Amatrice-Norcia-Visso con una prima scossa il 24 agosto del 2016 di magnitudo 6.0 e una seconda ancora più devastante il 30 ottobre dello stesso anno (magnitudo 6.5), l’esperto spiega che la dinamica del terremoto che colpì l’entroterra marchigiano, cancellando la frazione di Pescara del Tronto, è ben diversa da quella dello sciame sismico che sta interessando l’Adriatico.

La sequenza nella costa marchigiana pesarese, prese avvio il 9 novembre del 2022 con una scossa di magnitudo 5.5 seguita da una ripetizione pochi minuti dopo e da uno sciame che prosegue tuttora. Nella giornata del 29 ottobre alle 17:48 una nuova scossa di magnitudo 3.7 sulla Scala Richter.

«Nel bacino dell’Adriatico è presente un sistema di faglie di natura compressiva che sembrerebbero agire in maniera ortogonale e non collegata fra loro – spiega Fazzini – per il contrasto tra la Placca Euroasiatica e la Placca Africana», mentre nell’Appennino si tratta di faglie di natura distensiva. In pratica nella dinamica tettonica distensiva che coinvolge l’area del cratere del 2016 le placche interessate si allontanano l’una dall’altra e la distanza fra le due «aumenta», invece nel bacino dell’Adriatico si verifica il fenomeno opposto, «una parte dell’Europa spinge verso l’Africa e la distanza fra le due placche diminuisce».

Per quanto concerne i due sciami sismici il geologo mette in evidenza anche un’ulteriore diversità, quella della potenza delle scosse: «L’energia a disposizione delle faglie compressive non è paragonabile a quella delle faglie distentive – dice – difficilmente la magnitudo dei terremoti del bacino dell’Adriatico supera i 3.5 – 4 gradi sulla Scala Richter, con effetti al suolo che difficilmente producono danni di una certa entità come avvenuto invece nell’Appennino. Possiamo aspettarci altre repliche, ma non dobbiamo preoccuparci eccessivamente per l’entità delle scosse».

Le faglie dell’area del cratere sismico del 2016, prosegue «hanno un potenziale di magnitudo notevole da esprimere anche superiori a quelle avvenute nel 2016 specie nel comparto molisano e abruzzese. L’Italia è un Paese giovane – spiega Fazzini – con una tettonica molto attiva, facciamo parte infatti di un’area in continua evoluzione e quindi estremamente sismica, che però non può esprimere scosse di magnitudo come in Turchia o Giappone, eppure in un contesto densamente urbanizzato il rischio sismico può essere elevato».

L’informazione sui corretti comportamenti da tenere in caso di terremoto è cruciale, così come gli interventi di adeguamento sismico specie delle abitazioni più vetuste: «I terremoti per la popolazione rappresentano sempre un grande problema, perché mentre il rischio idrometeorologico può essere in parte mitigato conoscendo le regole per evitare rischi, come ad esempio in caso di alluvioni, valanghe o mareggiate, per quanto riguarda invece i rischi derivanti da un terremoto, questi non possono essere previsti, perché il sisma non è prevedibile, e quindi la popolazione non può essere preparata».

In caso di terremoto «possiamo fare due cose: non prendere né l’ascensore né le scale, e metterci sotto le strutture portanti dell’edificio, che sono le ultime a cedere».

Mai uscire dall’abitazione o da un edificio durante la scossa, spiega il geologo, «a meno che ci troviamo a piano terra». Lo sciame sismico, aggiunge, è una serie di ripetizioni derivanti dal sisma principale legate al fatto che quando una faglia si rompe non libera in un solo colpo tutta l’energia accumulata, ma si verificano una serie di rotture secondarie che sono scosse di assestamento, le quali, nel 90% dei casi, hanno una magnitudo al di sotto di quella dell’evento principale, anche se nella prima settimana le ripetizioni possono dare origine a terremoti di magnitudo simile alla scossa più forte».

Nel cratere Appenninico lo sciame generatosi andò però contro le previsioni: «Dopo il mainshock (scossa principale, ndr) del 24 agosto. Ogni terremoto ha una storia sismica, noi lavoriamo sulla statistica, mediamente il sisma si comporta così, ma alle volte – conclude – si verifica il cosiddetto outliers statistico (valore anomalo, ndr)».