SENIGALLIA – Conclusa la manifestazione sportiva Beach Cross, è il momento delle osservazioni. Da un lato c’è l’aspetto sportivo e turistico, dall’altro quello ambientale. Per più di dieci giorni è stata allestita sulla spiaggia di velluto una pista da motocross che ha permesso a tanti piloti di testare le loro capacità sul circuito in riva al mare.
L’iniziativa Beach Cross Senigallia nasce da un gruppo di appassionati di motocross con la collaborazione del Motoclub locale, ed era già stata sperimentata nel 2016. Oltre 200 i piloti di varie età e provenienza – dal Veneto alla Puglia, Emilia Romagna fino alla Sicilia – che si sono cimentati in prove per allenarsi in vista della stagione sportiva delle gare sulla sabbia.
Buono anche il successo di pubblico: la manifestazione di beach cross è considerata un’ulteriore occasione di far conoscere la città specie in un periodo completamente fuori stagione, oltre che un modo per entrare in quel circuito di città disponibili ad eventi sportivi non prettamente estivi.
Ma l’iniziativa, salutata con favore dagli organizzatori, è stata invece vista con occhio critico da molti cittadini: da un lato ci sono i residenti della zona Cesanella che lamentano forti rumori, dall’altro c’è chi invece vorrebbe preservare l’ambiente anche se a discapito di queste forme di turismo sportivo.
«La prima questione che ci preoccupa – spiegano dal Gruppo Società e Ambiente che critica la manifestazione di beach cross – è di tipo conservazionistico e, dunque, pratico. La presenza di moto e l’impiego di mezzi pesanti in spiaggia alterano inevitabilmente un ecosistema fragile e prezioso, che ospita specie animali e vegetali protette. Le dune e la vegetazione che vi cresce sono fondamentali per contrastare l’erosione della spiaggia. Una volta distrutte le dune si ricostruiscono in tempi molto lunghi. Inoltre, sbancamenti e rimescolamenti della sabbia rischiano di innestare, in questo periodo, rilevanti fenomeni di erosione eolica. C’è però un’altra questione, che riguarda il modo di concepire la spiaggia. Era, di fatto, l’unico spazio superstite senza asfalto, motori e gas di scarico, ma si è sentito la necessità di portarli fin là. Non comprendiamo questi tentativi di spettacolarizzazione della spiaggia e continuare ad utilizzare mezzi alimentati a combustibili fossili come strumento di promozione turistica ci sembra anacronistico».