ROMA – È passata con 180 voti favorevoli, 71 contrari e 6 astenuti la legge sul biotestamento. La votazione in Senato di giovedì 14 dicembre segna una giornata storica per l’Italia come testimoniato da molti esponenti politici a partire da Boldrini e Grasso, soddisfatti per il “sì” al ddl sul fine vita.
Tra i parlamentari marchigiani, anche la senatrice Camilla Fabbri (PD) ha commentato l’approvazione, in Senato, della legge sul fine vita dopo uno stallo durato otto mesi e i timori più che fondati che la legislatura finisse prima dell’approvazione del biotestamento. «Nel votarla, non nascondo di aver provato una grande emozione perché si tratta di una legge di civiltà e di umanità, che il Pd ha fortemente voluto, fondata sul rispetto della libertà di scelta e della dignità dell’essere umano».
La manifestazione delle volontà sui trattamenti ammessi o esclusi nelle fasi finali di una malattia concede al malato il diritto di decidere se e come curarsi anche quando non sarà più in grado di esprimersi, manifestandole per iscritto o audiovideo nelle disposizioni anticipate di trattamento (Dat). Noto è il caso Welby che aveva smosso la prima discussione sul tema del fine vita. Nelle Marche e precisamente a Senigallia anche Massimo “Max” Fanelli si era espresso sul biotestamento, realizzando numerosi appelli anche prima di essere impossibilitato a esprimersi a causa della Sla.
Ciò che a Fanelli è mancato è stato il passaggio in Parlamento, passaggio con cui è divenuta legge dello Stato (il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrà firmarlo per la promulgazione) la proposta sul biotestamento che prevede, oltre alla possibilità di fissare le proprie disposizioni anticipate di trattamento, anche un fiduciario che faccia rispettare le Dat. In caso le condizioni mediche siano mutate, paziente e fiduciario valutano insieme (quando possibile) di modificare il biotestamento e provare nuove cure oppure rimanere nella posizione già espressa. Anche l’idratazione e la nutrizione sono considerate terapie che vengono prescritte dal medico che ha in cura la persona, la quale può comunque rifiutarle. Il singolo medico può essere un obiettore e rifiutarsi di interrompere le cure, ma la struttura sanitaria deve attuare le volontà del paziente.
«Il progresso medico-scientifico e l’evoluzione tecnica ci impongo di rispondere, anche attraverso la legislazione, ad una nuova sfida della bioetica e non solo – commenta ancora la senatrice Pd Fabbri -. Le storie drammatiche di questi anni, alcune raccontate dalla cronaca, altre sconosciute ma non meno importanti, e che ciascuno di noi ha conosciuto spesso anche in prima persona, aprono infatti un interrogativo sul senso della vita, così fortemente condizionata e dipendente, in alcuni casi, dalla tecnica e dalla scienza mediche. Con questa legge noi non rispondiamo a nome di tutti, ma lasciamo che a questa domanda risponda chi solo può farlo: il singolo, l’io. Perché non c’è atto più intimo e personale del morire».